412 Marcello II e Paolo IV. 1555-1359. Libro II. Capitolo 3c. confidenza, come parleremmo alla magnificenza del Doge ed ai consiglieri e capi della cristianità, poiché sappiamo che per il breve rimasuglio 'della nostra vita ci siamo adoperati ad onore di Dio ed al bene di questa povera Italia, e che abbiamo condotto una vita da facchino senza quiete e riposo». E più tardi il papa tornò a dichiarare al Navagero : « Badate a quel che vi diciamo. Siamo vecchi e ce n’andremo uno di questi dì, se così a Dio piace. Ma verrà il tempo, in cui riconoscerete che vi abbiamo detto il vero, Dio faccia non a vostro danno. Sono barbari entrambi, francesi e spagnuoli, e sarebbe bene che stessero a casa loro e che in Italia non si parlasse altro linguaggio che il nostro».1 Ai primi di giugno corse voce, che Guise avesse già avuto dal suo re l’ordine di tornare in Francia, laonde lo Strozzi venne un’altra volta inviato al campo francese. Il risultato fu l’invio dello Strozzi a Enrico II. Il maresciallo lasciò Roma addì 15 giugno prendendo con sé l’unico figlio del duca di Paliano, perchè i francesi, non fidandosi più dell’alleato in seguito agli intrighi di Carafa per ottener Siena, avevano chiesto il fanciullo come ostaggio.2 L’accasciamento nell’ eterna città scomparve in certo modo quando addì 12 giugno venne annunziato l’avvicinarsi di parecchie migliaia di Svizzeri. Al cardinale Carpi, che coraggiosamente propugnava la pace, Paolo IV dichiarò che senza il suo alleato* il re di Francia, non poteva acconsentire a cosa alcuna.3 Frattanto facevasi sempre più opprimente il peso della guerra. Ai 18 di maggio il papa, senza tener conto dell’opposizione di alcuni cardinali, come Carpi, aveva stabilito, che da tutti i fondi dello Stato pontificio si dovesse pagare un’imposta dell’uno e mezzo per cento. Egli aveva scelto questo aggravio per risparmiare i poco facoltosi, ma, sebbene da lunga pezza introdotto altrove, esso apparve qualche cosa d’inaudito ai sudditi della Santa Sede e nella sua attuazione incontrò le più grandi difficoltà e qua e là persino violenta opposizione. I romani cercarono di cavarsela col proporre in luogo di quella gabella l’introduzione d’una tassa di macellazione per l’importo di 100,000 scudi. Tale somma sembrò troppo piccola al papa e da ultimo si fece l’accordo su 130,000 scudi : gli ecclesiastici dovettero inoltre pagare in proprio altri 50,000 scudi.4 1 V. le lettere di Navagero del 21 maggio e 28 giugno 1557 in appendice a Nores 307-308. 2 Vedi Dtjrl y 229 ; Ancel, Sienne 82 s. ; Nonciat. I, xxxix ; II, 573, n. 3 Cfr. la * relazione di Delfino del 12 giugno 1557. Archivio segreto di Stato in Vienna. 4 Cfr. Navagero presso Brown VI 2, n. 893, 907, 932, 941 ; Baynald 1557, il. 8 ; Massarelli 309, 311 ; * lettere di Tommaso Cospio a Bologna in data di Roma 9 e 12 giugno 1557 (Archivio di Stato in Bologna);* Avvisi del 29 maggio 5, 12 e 18 giugno 1557 (Cod. Urb. 1038. Biblioteca Vati-