326 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 1. più da vicino il nuovo eletto.1 L’inviato fiorentino Serristori, un freddo diplomatico, fin dall’ll aprile notificava che, sebbene Marcello II non avrebbe tollerato alcuna intromissione di laici nelle faccende della Chiesa e sarebbe molto parsimonioso nella concessione di grazie, egli tuttavia credeva, che in tutto il resto ognuno potesse essere contento perchè, a dirla in breve, tutto il suo contegno era quello d’un santo.2 Fin dal primo dì del suo pontificato Marcello II si addimostrò genuino campione della riforma cattolica. Finito lo scrutinio, seguì dapprima la sua consacrazione a vescovo, poi in S. Pietro, l’incoronazione, che venne affrettata così perchè egli potesse compiere le funzioni della settimana santa già iniziata: insieme dovevansi risparmiare le spese superflue per la festa dell’incoronazione. Tutti i papi del rinascimento avevano trasformato le solennità usuali nella incoronazione in una fastosa festa accuratamente preparata, che inghiottiva grosse somme, 20,000-30,000 scudi, ciò che a ragione Marcello considerava uno sperpero. Egli volle ricevere la tiara con semplicità apostolica e senza lo sfarzo usitato fino allora. Per riguardo alla settimana santa proibì persino le grandi dimostrazioni di gioia, il tuono dei cannone da Castel S. Angelo ed i fuochi tanto cari ai romani, destinando metà del denaro risparmiato per le necessità della Santa Sede, l’altra da distribuirsi a bisognosi. Il giorno della sua glorificazione doveva essere un giorno di letizia per i poveri.8 Anche altrimenti le stesse prime azioni del papa mostrarono, ch’egli intendeva evitare ogni pompa esteriore e fare nulla, che non tornasse al meglio della Chiesa. Già da cardinale non aveva lasciato dubbio alcuno sul suo zelo per la riforma, essendo sempre stata sua convinzione che si trattasse d’un’opera indifferibile : elevato alla suprema dignità, volle tosto iniziarne l’attuazione. Non parole, ma opere; tale il suo programma di governo.4 1 Così principalmente Massarelli (p. 255 s.). 2 * « Credo bene che habbi a essere acerrimo defensore dell’autorità sua et cose ecclesiastiche et che chi vorrà stare bene seco, bisognerà che non inetta mano nell’offltio suo, nè si impacci molto di benefltii et cose di chiesa et in quanto alle gratie sia andare assai più stretto che non hanno fatto molti dei suoi antecessori et nel resto credo che ogni huomo da bene se n’harà da contentare. In sustantia il modo, Papparentia et demostrationi sono come d’un santo ». A r-chivio di Stato in Firenze. 3 Con Massarelli 253 cfr. la relazione di Avanson presso Ri hier II 606 ; L. Latinii Lueubr. II, 29 ; l’appunto presso Cori, Arch. IV, 255 ; Masius, Briefe 200; I. v. Meggen in Archiv, für Schweiz. Ref.-Gesch. III, 516; * lettera di Pasini da Roma 10 aprile 1555 Archivio Gonzaga in Mantova) e la diffusa relazione del Polanco del 16 aprile 1555 al superiore della Compagnia di Gesù nelle Carta» (le S. Ignacio V, Madrid 1889, 152 s. Questa relazione, che pare abbia vista lo Spondano (ad a . 1555, n. 5-7), viene in seguito citata semplicemente con Polanco. Presso Polanco, Chimi. V, 14 s., si trovano alcune aggiunte. 4 Cfr. Massarei,li 254 s.. 261 ; Panvinius, Vita Marcelli II ; Pollidorus 115.