500 Marcello li e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 5 a. il Cardinal Carafa, che comunicò al collega come il papa avesse ordinato la sua carcerazione in Castel S. Angelo. Senza un segno di eccitazione il Morone rispose: Non ho coscienza di alcun mancamento; del resto sarei accorso anche da lungi per obbedire ai comandi del Santo Padre. Indi per il corridoio coperto, che unisce il Vaticano con [Castel S. Angelo, il cardinale fu condotto in prigione. Gli si lasciarono tre dei suoi servi, ma gli fu data nella cella una custodia di quattro soldati, ch’egli stesso doveva pagare. Alla sua dura situazione il Morone adattossi con quella tranquillità, che conferiscono una profonda religiosità e la coscienza di essere innocente. Alla madre sua fece scrivere che stesse affatto tranquilla a suo riguardo.1 Officiali del tribunale sequestrarono lo stesso giorno tutti gli scritti e libri nel palazzo del Morone attiguo a S. Maria in Trastevere e tradussero il suo segretario privato nel carcere dell’inquisizione. Nessun dubbio quindi che si trattasse d’un’accusa d’eresia. Credevasi tuttavia che per l'imprigionamento d’un membro sì eminente del Sacro Collegio, di cui più volte erasi fatto il nome dagli imperiali come di futuro papa e che era molto stimato presso Filippo II e Maria d’Inghilterra, ci dovessero essere anche altre ragioni. In larga cerchia ritenevasi trattarsi d’un delitto di Stato, di relazioni fellonesche del cardinale coi nemici politici del papa.2 Ma questo modo di vedere fu in breve tempo smentito da una parte la più autorevole. Addì 1° giugno in una congregazione generale Paolo IV comunicò ai cardinali di avere ordinato l’imprigionamento del Morone per sospetto d’eresia, che egli aveva nutrito già al tempo di Paolo III. L’Inquisizione farebbe il processo; la sentenza sarebbe venuta dinanzi al Sacro Collegio.3 Egualmente si espresse il papa il giorno dopo con Navagero. Non trattarsi d’un fallo contro lo Stato, ma d’uno contro la fede. Essere venuto a sua cognizione come persino nel Sacro Collegio sedessero uomini infetti d’eresia. Avere egli dovuto opporsi risolutamente ai notorii pericoli che ne risultavano. A dirvi il vero, 1 Con Massarelli 310 e la relazione di Navagero del 31 maggio 1557 (tradotta presso Brown VI 2, n. 910) e quella di Carne presso Turnbull n. 625 come pure Masius, Briefe 291, v. specialmente la relazione da parte ben edotta * Captura del card. Morone in Roma all'ultimo di Maggio 1557 (Biblioteca Ambrosiana in Milano R. 833), di cui si servì Sclopis (p. 22 s.). Benrath (Realenzyklopàdie di IIerzog XIII3, 481) pone erroneamente la carcerazione del Morone al 12 giugno, Bernabei (p. 70) nel giugno, Riess (p. 249) al 30 maggio, Amabile (I, 229) al 2 giugno. Nella sua * lettera del 31 maggio Navagero dice espressamente: «questa mattina» (Archivio di Stato in Venezia). Attesta la cattiva impressione dell’arresto il Delfino ; vedi Stein-iierz I, xxxvn, n. 2. 2 V. la relazione di Navagero citata in n. 1. 3 V. in App. n. 65 gli * Acta consist. (Archivio concistoriale) e la relazione di Navagero del 1° giugno 1557 presso Brown VI 2, n. 913 ; cfr. anche la relazione di Carne presso Turnbull n. 625.