Francesco Saverio decide di recarsi in Cina. 223 curare l’ingresso al cristianesimo anche in Cina, tosto che fossero eliminati quegli imbrogli. Già da lungo tempo era il Saverio convinto che avanti tutto si dovesse guadagnare quest’impero, il più grande e ragguardevole delPOriente, se il cristianesimo doveva prendere fermo piede in Asia. Egli aveva voluto presentarsi all’imperatore in Meaco espressamente anche per ottenere da lui un passaporto per la Cina.1 Dell’autorità, che godevano nell’Asia Orientale la sapienza e scienza cinese, egli potè persuadersi in ispecie eziandio nelle sue dispute coi giapponesi, poiché spesso s’incontrò nell’obiezione, come mai potesse contenere verità la dottrina cristiana se era ignota ai cinesi !2 Ma dall’altro lato Francesco era pienamente conscio altresì della difficoltà della sua impresa. Era stato nel modo più rigoroso interdetto a stranieri di metter piede su terra cinese: persino Portoghesi, che solo per naufragio furono gettati sulla costa cinese, dovettero per anni subire catene e carcere e facilmente poteva costare la vita la pena del bastone, applicata senza riguardo dai mandarini. Tutto questo però non sconcertò il Saverio. Da principio egli aveva sperato di poter penetrare in Cina come compagno d’un inviato portoghese, il Pereira, suo amico, ma questo progetto fece naufragio contro l’opposizione del comandante di Malacca, Alvaro de Ataide, il quale sotto il pretesto d’aveme bisogno in un assedio che temevasi di Malacca, trattenne il Pereira nella città. Così il Saverio si decise ad eseguire da solo il suo piano ed occorrendo a subire il rigore delle leggi cinesi. Gli sarà sembrato che vivente Alvaro non gli rimanesse altra scelta.3 Me ne vado, scrisse egli,4 alle isole di Canton, privo d’ogni aiuto umano, colla speranza che un selvaggio pagano mi trasporterà nel continente cinese. Presso le isole di Canton, cioè presso la rocciosa isola di Chang-Tsciouen (Sancian) solevano spesso trattenersi per mesi navi portoghesi per approdarvi nell’occasione favorevole e fare contrabbando coi cinesi di Canton. L’isola era deserta e nei giorni di loro permanenza colà i Portoghesi abitavano in capanne rii paglia erette in fretta, a cui davano fuoco partendo. Là dunque si fece trasportare Francesco per arrischiare la vita nella conversione della Cina. Fino ad allora già abbastanza abbandonato, in breve egli fu 1 Mon. Xav. I, 599 ; cfr. 644. 2 ]"bid. 684. 3 Se dovrà ritornare in India, scriveva egli addì 22 ottobre 1552 : « nào vou com esperancja que em tempo de D. Alvaro de Gama se farà couza n’a China, de que flque memoria». Mon. Xav. I, 791. 4 Da Singapore addì 21 luglio 1552 : Mon. Xav. I, 767.