Quadro di Roma alla fine del rinascimento. 295 di due pitture di Raffaello, della Madonna di Loreto, poi sparita, e del celebre ritratto di Giulio II, che ora adorna gli Uffìzi : a quel tempo ambedue venivano appese ai pilastri della chiesa in occasioni solenni. La nostra guida ammirava a S. Maria in Aracoeli la Madonna di Foligno di Raffaello e quale ornamento precipuo nella chiesa dei Domenicani, S. Maria sopra Minerva, gli affreschi di Filippini Lippi nella cappella Carafa e la statua di Cristo di Michelangelo. Sono ricordati, ma, e lo si capisce, non lodati i sepolcri di Leone X e Clemente VII. Del Mosè di Michelangelo a S. Pietro in Vincoli l’ignoto dice che gli pareva opera divina. Egli menziona inoltre i sepolcri di Pietro e Antonio Pollajuolo esistenti nella prefata chiesa. A S. Giacomo, chiesa nazionale degli Spa-gnuoli, stava allora la statua di san Giacomo di Jacopo Sansovino, che al presente trovasi a S. Maria in Monserrato. Fra le opere d’arte nella città al di là del Tevere gli appunti celebrano gli affreschi della Farnesina e l’incomparabile Tempietto di Bramante presso S. Pietro in Montorio. Allora in questa chiesa la Trasfigurazione di Raffaello decorava tuttavia l’altare maggiore. Oltracciò a S. Pietro in Montorio l’anonimo potè ammirare insieme alla Flagellazione di Cristo, di Sebastiano del Piombo, fresco tuttora esistente, una pittura di Michelangelo rappresentante san Francesco, poscia scomparsa. Come il fiorentino non segna che opere artistiche del rinascimento, così Ulisse Aldrovandi nel suo catalogo composto nel 1550 enumera presso che esclusivamente solo antichità. D’opere di scultura moderna l’Aldovrandi ne nomina solo pochissime, specialmente parecchi lavori di Michelangelo, al cui Mosè crede di tributare la lode maggiore osservando, che quella creazione poteva misurarsi con ognuna delle antiche.1 Invano si cerca presso l’Aldrovandi il nome di altri maestri moderni. Quanto poco egli li apprezzasse di fronte alle antichità, appar chiaro da frasi come « un Mercurio con lira, bella statua, ma moderna » ; « una testa femminile con petto nudo, ma è opera moderna ». Ancor meno apprendiamo dalla descrizione dell’erudito bolognese sulla ricchezza di Roma in fatto di pitture e sui molti oggetti preziosi celati dai palazzi della nobiltà e in ispecie dei cardinali.2 Quanto l’arte antica assorbisse l’interesse di tutti risulta dalla circostanza che persino nelle guide comuni, le quali accostandosi ai Mirabilia medioevali di preferenza annoverano le reliquie ed indulgenze delle chiese, essa occupa largo spazio. In una di tali guide dell’anno 15633 si dà per la visita delle cose più degne 1 Aldeoajtdi 291. 2 Cfr. Bukckhardt, Beiträge 557 s. 8 Le cose meravigliose dell'alma città di Roma, Roma 1563 esemplare dell’opera divenuta rara alla Biblioteca Vittorio Emanuele in Roma). Cicognara, Catalogo ecc. II, Pisa 1821, 184, cita un’edizione veneziana del 1544.