Il papa sospende le sedute della commissione e lavora da sè. 435 ecclesiastica; altri, come il vescovo di Sessa, ccmbatteronlo nei nel modo più reciso. Una terza opinione sostenuta dal vescovo di Sinigaglia. Marco Vigerio della Rovere, portava che fosse lecita l’accettazione d’una indennità in contanti, ma non sempre e solo sotto certe condizioni. Era notte quando venne chiusa la seduta ch’era durata quattro buone ore.1 La prossima riunione doveva tenersi dopo Pasqua, ma non se ne venne a capo. Le grandi diversità d’opinione spiacquero talmente al papa, il quale bruciava dal desiderio di decidere al più presto possibile l’importante questione, che sospese le sedute della commissione. Per un momento pensò di procedere del tutto da sè2 e d’emanare una proibizione assoluta d’accettare per vantaggi spirituali dei doni anche da volontarii donatori, ma pare che alla fine sotto l’impressione delle domande del re polacco Paolo IV si sia tuttavia riconciliato coll’idea d’un concilio.3 Frattanto eragli venuto in chiaro anche il pericolo dell’esclusione completa delle potenze temporali da un concilio ecumenico. Allorquando dopo il banchetto per l’anniversario della sua incoronazione tenne circolo, egli fra altro osservò che farebbe annunciare alle podestà temporali il concilio progettato in Roma, ma solo per cortesia e senza obbligo alcuno.4 Fu un grave danno per l’opera della riforma che precisa-mente nell’estate del 1556, quando universalmente s’attendevano passi decisivi in questa direzione,3 la situazione politica s’acuisse nel modo più funesto e si facesse sempre più probabile una guerra colla Spagna. Però anche durante questo critico tempo il papa non perdette per nulla di vista l’affare della riforma. Merita ogni lode, che in questo campo come nella nomina di cardinali egli non facesse la minima concessione per considerazioni politiche. Per quanto fosse importante l’aiuto da parte del duca di Ferrara, per quanti intercessori si facessero pure innanzi a favore del cardinale Este, questo indegno porporato dovette rimanere in esiglio.8 1 Vedi Massarelli 289 e * Concilio 79, p. 53 s. ( A r c li i v i o segreto pontificio), come pure la * lettera del Navagero del 28 marzo 1556 (Biblioteca Marciana in Venezia); v. App. n. 57. 2 Cfr. la lettera di Navagero del 18 aprile 1556 nel * Cod. Marc. 9445, p. 162t>, tradotta in Brown VI 1, n. 459. 3 Cfr. l’istruzione per Bebiba neH’A re bivio segreto pontificio, * Polit. 78, p. 145 s., con cui s’accordavano le « commessioni pubbliche » per Carafa ; vedi Laemmer, Mclet. 173, e Nonciat. II, 601 ; cfr. anche Hosii Epist. II, 736. 4 Vedi Navagero presso Brown VI 1, n. 499, come pure la * relazione del- l’inviato genovese del 28 maggio 1556. Archivio di Stato in Genova. 6 Ai 3 d’aprile 1556 G. A. Calegari notifica al Commendone da Boma : * « Si aspetta da tutti la pubblicatione de la bolla rigorosa de la riforma ». Leti, de' princ. t. 23, n. 3. Archivio segreto pontificio. 6 Fin dal 2 ottobre 1555 Ercole di Ferrara indirizzò una * lettera autografa a Paolo IV (nella raccolta di lettere gratulatorie dell’A rchivio segreto