56 Giulio III. 1550-1555. Libro I. Capitolo 2 a. il medesimo dovere essere un vero e libero concilio.1 Di fatto Toledo dichiarò a bocca di credere che Sua Santità farebbe tale concessione, qualora Trento dovesse apparirgli inadatta, solo che venisse data la necessaria garanzia contro indebita intromissione in cose della riforma e dell’autorità della S. Sede.2 Gli imperiali non s’erano aspettata simile condiscendenza. E Diego de Mendoza non era infatti rimasto da principio così colpito per l’elezione del Monte, che il papa dovette dirgli: «Non tanta paura, signor ambasciatore » ?3 Carlo V rimase sorpreso nel modo più gradevole e la sua risposta a Pedro de Toledo fu sommamente cortese: Toledo preghi umilmente in suo nome il papa di convocare quanto prima il concilio e precisamente a Trento. Quanto alle garanzie desiderate da Giulio III l’imperatore assicurò ch’egli bramava di sostenere ciò soltanto che fosse più vantaggioso alla Sede Apostolica e gradito a Sua Santità per quel che dipendesse da lui e non contradicesse al dover suo.4 II 16 marzo 1550 Carlo V informava il fratello Ferdinando d’aver trovato buona cosa dichiarare tosto all’inviato pontifìcio il suo consenso alla proposta del concilio e che adesso, allo scopo di prendere il papa in parola, convocherebbe la dieta ad Augsburg per il 25 giugno.5 Ancor prima dell’arrivo di Toledo, Carlo V aveva deputato a Roma come inviato per le congratulazioni il suo confidente Luis de Avila con una lettera, nella quale esprimeva al papa tutta la sua buona disposizione in prò della difesa della Chiesa. Giulio III ricevette l’inviato addì 25 marzo 1550 ed anche a lui dichiarò la sua intenzione di procedere nell’affare del concilio come in tutti gli altri in maniera, che l’imperatore ne fosse contento.6 Il papa nell’aprile del 1550 incaricò della discussione della faccenda conciliare una commissione di sette cardinali, vale a dire Cupis, Garafa, Morone, Crescenzi, Sfondrato, Pole e Cervini, mentre veniva chiamato dalla Germania a Roma a dar relazione Sebastiano Pighino. Il Morone mise insieme le difficoltà per nulla irrilevanti, che ostavano alla riassunzione del concilio a Trento: esse vennero minutamente esaminate dalla commissione avendosi 1 * « All’imperatore ha promesso di dare il concilio (ma che sia concilio secondo i canoni et non fatto solo per interesse di S. Mt!* come voleva fare al tempo di papa Paulo) in mezo’! corpo dell’Alemagna ». Olivo a S. Calandra da Roma 15 febbraio 1550 (Archivio Gonzaga in Mantova). V. anche la lettera di Masius del 17 febbraio 1550 in Archiv di Lacomblet VI, 156. 2 Vedi Carlo V a Mendoza, in traduzione presso Maynier 592, n., colla data falsa del 18 maggio invece di 18 marzo. Cfr. Maurenbrecher 228. 3 Dandolo 347. de Leva V, 93. Brown V, n. 643. 4 V. la lettera a Mendoza citata in n. 2. 5 Lanz III, 1 ss. 6 Vedi Ratnald 1550, nn. 5 e 8; Massarelli 162 s. ; Drupfei, I, 384.