G-li inviati dei protestanti al concilio. 83 principio eragli stata impartita da Giulio III l’istruzione di scendere a trattative coi protestanti solo nel caso che essi fossero pronti anche a sottomettersi ai deliberati del concilio convocato dal papa come legittimo capo della Chiesa.1 Allo scopo di dimostrare tutta la condiscendenza in qualsiasi modo possibile, il legato, dietro la impetuosa pressione degli imperiali, risolse di udire dinanzi alla congregazione generale riunita i protestanti anche se non avevano fatto simile dichiarazione. « Quantunque dobbiamo temere», dichiarò il secondo presidente del concilio, Pighino, addì 23 gennaio 1552, «che saremo abbindolati, la Chiesa da madre sollecita non deve respingere chicchessia, ma ha da mostrare e tenere aperta ogni via a lei ed eliminare qualunque motivo a scappatoie ed a tenersi lontano dal concilio». L’assemblea convenne in ciò, soltanto essa si tutelò contro tutte le dannose conseguenze, che potessero tirarsi dalla sua condiscendenza.2 Nella congregazione tenuta la mattina del 24 gennaio vennero ricevuti gl’inviati wiirttemberghesi. Essi presentarono la loro confessione composta da Brenz colla dichiarazione, che il loro duca manderebbe teologi per difendere quanto in essa era contenuto; ch’egli però desiderava venissero nominati degli arbitri, per la ragione che i vescovi erano parte e non potevano quindi prendere decisione alcuna: inoltre, che il concilio non doveva continuare in modo che i decreti già pubblicati venissero accolti come decisi : poiché fino allora era stata udita solo una parte, questi decreti dovevano revocarsi. A ciò la congregazione non diede che la risposta generica, che su queste pretese si esprimerebbe dopo conveniente consultazione.3 Nel pomeriggio doveva farsi dalla congregazione il ricevimento degli inviati sassoni. Si derogò dalla presentazione della loro cosidetta ripetizione della confessione augustana composta da Melan-tone perchè essa costituiva addirittura un manifesto di guerra contro il sinodo.4 Ma anche il discorso,5 con cui l’inviato sassone Badhom espose alla congregazione le sue pretese manifestate già 1 Vedi Raynald 1551, n. 11. de Leva non prende in alcuna considerazione questa istruzione. 2 Vedi Theiner, A eta, I, 648 s. ; Le Plat IV, 417 s. 3 Vedi Theiner, Aeta I, 648 s. ; Le Plat IV, 148 ss. ; lettera di Lippomano in Corp. dipi. Port. VII, Ills.; Pallavtcini 12,15; Maynier 720 s.; Nuntiaturberichte XII, 159, n. 3. Sulla Confessio Wirtemberg. vedi Schnurrer, Beitr. zur wiirttemb. Kirchengesch. (1798) 214 s. e Heppe, Bekenntnisschriften, Kassel 1855, 491 ss. ; cfr. anclie Hartmann-Jäger, Brenz II, 198 ss. 4 Giudizio di K. A. Menzel (III, 381); cfr. Pastor, Beunionsbetrebungcn 431 s. Sulla BepetitióJ confess. August. (Corp. Bef. XXVIII, 328 s.) cfr. anche i rinvìi in Zeitschr. für Kirchengesch. II, 305, n. 3. 5 Stampato presso Raynald 1552, n. 15 e Le Plat IV, 464 s. Per la critica v. specialmente Pallavicini 12, 15, 7 s. Molto rimarchevole è il giudizio di Malvenda addotto già da Maynier (726, n.).