I Collegi dei Gesuiti in Italia. Universalità dell’azione dei Gesuiti. 137 Comunemente al sorgere di questi istituti diede occasione la predicazione che uno dei membri più importanti dell’Ordine aveva tenuto in una città. Condotte a termine le trattative sull’erezione d’un collegio, Ignazio sul principio non mandava forze illustri, ma semplicemente alcuni giovani del Collegio romano, giacché egli era d’opinione, che fosse meglio che una tal casa venisse in fiore da modesti inizi anzi che cominciasse splendidamente per poi non tenersi in alto.1 Era inoltre sua massima, che un collegio dovesse mantenersi da sé,2 per cui nel principio quasi tutte queste fondazioni ebbero da combattere con grande povertà. A Perugia i Gesuiti per un certo tempo non vissero che di pane, vino e una minestra,3 altrove la casa trovavasi in molto cattive condizioni. A Venezia si dovette usare somma circospezione prima ancora di arrivare all’erezione del collegio. La repubblica sospettava dappertutto mene politiche. Destava sospetto già il fatto, che i Gesuiti scrivessero ogni otto dì a Roma; ascoltare le confessioni di dame deH’aristocrazia e avviarle al frequente uso dei sacramenti, era cosa pericolosa, per la quale solo poco tempo prima erano stati cacciati dalla città i Barnabiti. Venuto all’essere il collegio, molti scolari non vi ressero perchè lo spirito mercantile di quella città commerciale non era favorevole agli studii.4 A Messina desidera-vasi bensì un collegio, ma non volevasi provvederlo delle necessarie rendite: a Modena i Gesuiti venivano screditati come ipocriti e ignoranti.5 Poco a poco tuttavia il nuovo Ordine mise ciò non ostante solide radici. L’istruzione della gioventù fu l’arma principale, con cui i Gesuiti combatterono anche in Italia l’infiltrazione del protestantismo. Prescindendo dall’attività letteraria, l’azione riformativa del nuovo Ordine, vivente ancora il fondatore, si fece sentire in tutte le direzioni, nella scienza come nella vita, presso i dotti come presso gl’ indotti. Monasteri femminili, che erano spaventosamente demoralizzati, furono dai Gesuiti rimessi non di rado in buono stato a mezzo dei loro esercizi.6 Essi cercavano d’indurre a rientrare nei loro conventi7 monaci uscitine, che spesso s’erano arruolati fra i soldati.8 Andavano nelle carceri e nelle galere per portare conforto spirituale ai prigioneri affatto trascurati.9 Lainez e più 1 Polanco II, 432. 2 Ibid. 507. 3 Ibid. 438. 1 Ibid. 480. 5 Ibid. 459. 8 Ibid. 175, 502. 7 Ibid. 29, 461. s Ibid. 238, n. 164. 9 Ibid. 37 s. (Palermo), 184 (Firenze), 231 (Messina), 425 (Roma), 435 \Pe-rugia), 458 (Modena), 483 (Venezia).