Marcello Cervini come dotto. 323 Uomo che si interessava di parecchie cose e di vasto sapere, che persino uomini come Sangallo e Michelangelo apprezzavano per le sue cognizioni nel campo dell’architettura e dell’archeologia, 1 il Cervini non limitossi a raccogliere libri e codici: egli aveva riunito in numero considerevole anche antichità, iscrizioni e medaglie antiche.2 La casa sua, che albergava questi tesori, era aperta a chiunque promettesse di produrre alcunché di buono. Il cardinale amava di incoraggiare specialmente giovani talenti, coi quali senza pretese, affabile, senza mostrare la superiorità del suo sapere, trattenevasi sui loro studii. Non di rado rivide egli stesso i lavori di giovani eruditi e pensò all’editore. Ove scorgeva serie intenzioni, era liberale, non solo indicando libri e codici, ma dando pure preziosi suggerimenti e consigli. Tutt’una serie di eruditi, con cui stette in commercio orale od epistolare, si è il Cervini resa obbligata per tal via. Ai lavori teologici del Sirleto e del Seripando egli prese parte eminente. Incoraggiò Luigi Lip-pomano all’edizione di Vite dei Santi, il dotto Pier Vettori ad una miglior edizione delle opere di Clemente Alessandrino. Incitò Niccolò Beni a tradurre in italiano il famoso Commentario di Vincenzo di Lérins e parimenti determinò Annibai Caro e Pier Francesco Zeno a tradurre in italiano orazioni di Gregorio Nazian-zeno e di Giovanni Damasceno. Per suo impulso Genziano Hervet fece una traduzione latina dei commentarii del Crisostomo sui Salmi. Fu ad incitamento del Cervini, che Onofrio Panvino si applicò all’antichità cristiana ed alla storia ecclesiastica. Si dovette all’instancabile cardinale anche la versione dei quattro Evangeli in etiopico nonché traduzioni di Teodoreto, Metafraste ed altri. Cervini non rifuggì da alcun sacrifìcio per l’edizione dei commentarii d’Eustazio su Omero. La versatilità del suo ingegno è attestata eziandio dall’appoggio concesso all’opera di Ippolito Salviani sui pesci.3 1 * « Nell’architettura e cognizione delle cose antiche non fu a nessuno de’ suoi tempi secondo e sanno ancor molti che oggi vivono che nè il Sangallo nè il Buonarroti si sdegnava d’intendere il suo consiglio », dice A. Cervini, * Vita di Marcello II (Biblioteca di Ferrara); cfr. anche Merkxe II, xxv. Cervini fu inoltre membro dell’accademia di Yitruvio fondata nel 1542 ed aveva incaricato il Sangallo dei piani per la sua villa sul Monte Amiata (vedi Müntz III, 109, 240). Le cognizioni in fatto di architettura persuasero il Cervini ad immischiarsi nella fabbrica di S. Pietro, ciò che con quel suo modo brusco Michelangelo respinse (v. sopra p. 234). Al tempo di Clemente VII Cervini attendeva con tal fervore agli studii archeologici, che in una visita alle ruine sotterranee delle terme di Traiano corse pericolo di vita ; v. la notizia presso Contet,orius, * Vita MarceUi II. A rchivio segreto pontificio, Misceli. Arm. XI, 48, p. 291. 2 Cfr. Poixidorus 155; Reumont III 2, 695; Dorez, A. Eparque in Mei. d’archéol. XIII, 322. 3 Con Tiraboschi VII 1, 30 s. (ed. romana) e Pollidorus 75 ss. cfr. anche Dorez in Mèi. d’archéol. XII, 291 s.; Merkle II, xxvii s.; Mai, Spicileg. IX,