354 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro II. Capitolo 2. l’autorità pontifìcia di fronte ai principi cristiani nel modo che era avvenuto nei grandi secoli del medio evo. Senza curarsi dell’apostasia di un mezzo mondo, senza curarsi del profondo mutamento compiutosi anche negli stati rimasti cattolici, viveva e muovevasi Paolo IV nel pensiero di quei tempi, nei quali i papi quali padri e reggitori della cristianità possedettero ed esercitarono anche sul campo politico un’estesa attività. Sebbene non esistesse alcuna definizione ecclesiastica sul potere della Santa Sede nelle cose temporali,1 egli tenne tuttavia inflessibilmente ferme tutte le pretese, che con tutt’altre premesse e condizioni avevano elevate i suoi predecessori. Dati tali sentimenti, potevasi molto facilmente venire a un urto colla potenza mondiale della casa di Habsburg, e ciò tanto più perchè la monarchia ispano-habsburghese minacciava altrettanto la libertà d’Italia che quella del papato. Nell’animo del Carafa era profonda non solo la memoria dell’indipendenza e ampia pienezza di potere goduta un tempo dalla Santa Sede, ma anche il ricordo dello splendore d’Italia, di cui nella sua primiera gioventù aveva ricevuto la più profonda impressione. Egli paragonava questa Italia del passato con un istrumento perfettamente accordato, di cui le quattro corde erano lo Stato ecclesiastico, Napoli, Milano e Venezia. Egli imprecava alla memoria di Alfonso d’Ara-gona e di Lodovico il Moiro, per il dissidio dei quali venne rotta questa armonia.2 La signoria degli spagnuoli sulla penisola appenninica, il giogo dai medesimi imposto alla sua amata patria napoli-tana, la grave pressione, che esercitavano sulla Santa Sede, sem-bravangli tanto più insopportabili, perchè aveva la peggiore delle opinioni circa il sentimento cattolico di Carlo V.3 Già da cardinale egli aveva osservato con crescente rovello le varie intromissioni usurpatorie di questo monarca nel campo interno della Chiesa; già allora era diventata sua idea fissa, che il titolare della podestà imperiale favorisse in segreto i protestanti tedeschi allo scopo di annientare la potenza temporale della Santa Sede e dominare così da solo in Italia. A questa politica egli attribuiva i rapidi progressi, che facevano i nemici della Chiesa. Inestinguibile era in lui particolarmente il ricordo del raccapricciante saccheggio, che Roma, la capitale della cristianità, aveva dovuto subire dalle truppe deH’imperatore : egli non poteva dimenticare il tentativo di questo sovrano di attuare dispoticamente in Germania una religione interimistica senza consenso della Santa Sede. Perciò come napolitano, come italiano ed avanti tutto come cattolico, egli 1 ITergenröther, Staat und Kirche 749. 2 Navagero presso Aebèri, Ser. 2 III, 389. 3 Riferisce in proposito a più riprese il Navagero ; v. specialmente presso Brown VI I, 392, 453, 622, 669, 674, 798 ; cfr. anche sotto capit. 3,