342 Marcello II e Paolo IV. 1555-1559. Libro li. Capitolo 2. Ma eziandio la candidatura del Pole si addimostrò ben presto impossibile. Se, come già nel precedente conclave, nuocevagli anche ora la circostanza, ch’era in Inghilterra e che non sareb-besi eletto un assente, in breve si die’ a vedere, che oltre ai francesi era contro di lui anche una parte degli imperiali. Sotto questo rispetto emergevano specialmente i cardinali Carpi, Alvarez de Toledo e Carafa, che mettevano in dubbio l’ortodossia del Pole, accennando sue non corrette idee su controversi articoli di fede, come circa la giustificazione. Questo argomento, che già nel conclave di Giulio III aveva reso nulle le aspettative del Pole, non mancò d’effetto neanche questa volta, quantunque l’accusa fosse tutt’altro che dimostrata.1 E così rimase candidato con le maggiori probabilità il cardinale decano Carafa, la cui ortodossia potevasi mettere in dubbio sì poco come le sue eminenti qualità e la sua integrità, sebbene per la sua grande rigidità egli fosse universalmente temuto e addirittura odiato dai cardinali di sentimenti mondani, come Este e Santa Fiora. Anche dei ben pensanti formalizzavansi della caratteristica natura e della bruschezza del Carafa,2 ma gli tornò giovevole la mancanza di aspettative di tutti gli altri cardinali del pari che il favore del partito della riforma e dei francesi. Re Enrico II aveva indicato il Carafa come il cardinale più gradito al secondo posto;3 l’imperatore al contrario aveva fatto comunicare al partito spagnuolo l’avviso di impedire l’elezione di questo uomo ognora a lui avverso.4 L’inviato straordinario Juan de Men- 1 V. le relazioni presso Coggiola, Conclave 212 ss. ; cfr. Ribier II, 610 e la relazione sul conclave dell’inviato portoghese in data di Poma 18 giugno 1555, in Corpo Dipi. Fort. VII, 414. Coggiola (loc. cit.) fa notare che Carafa dubitava bona fide dell’ortodossia di Pole, e che invece gli altri due cardinali agivano solo per interessi egoistici. 2 Vedi L. Fiumani Diaria caerem. presso Merkle II, 509. 3 V. la relazione di Avanson presso Ribier II, 612. 4 Appare del tutto credibile la notizia di Petrtjcelli (II, 94) che l’inviato imperiale Juan Manrique avesse avuto l’istruzione di escludere Carafa, ma di non pubblicarla che in caso di necessità ed a tempo opportuno (vedi Sagmül-ler, Pàpstwahlen 212 ss.). Manrique comunicò ai cardinali imperiali il volere di Carlo V e fece i nomi dei quattro candidati di Filippo II e dell'imperatore (v. la sua lettera del 15 maggio presso Druffel-Brandi IV, 674 ss.), ma una parte dei cardinali imperiali non se ne curò, ciò che diede occasione a Manrique di forti lagnanze (vedi la sua lettera del 24 maggio presso Druffel-Brandi IV, 67 4, n. 3 ed una seconda * lettera di Manrique a Carlo V da Roma 25 maggio 1555, in cui notifica : * « Hemos acordado el Camerlengo e yo de embiar una viva voz presente a todo lo que passo en conclavi» [l’inviato era Lottino; vedi Ribier II, 612; Brown VI 1, n. 130; Coggiola, Conclave 472; Nonciat. II, 582 s.]). Dopo una sommaria narrazione del corso dell’elezione Manrique accusa poi gravemente in ispecie Alvarez de Toledo e Carpi (cfr. sotto p. 343, n. 2) e loda Lottino, * « èl qual es persona que a estado en los dos conclaves y en dambos a servido quanto a podido de bien y solícitamente y ingeniosamente ». Archivio in Simancas, Leg. 882, n. 30.