Incidente al Sarria, inviato di Carlo Y. 383 con un fiduciario del protestante Alberto Alcibiade di Brandenburg, noto come il più aspro nemico dell’imperatore; solo quando il cardinale Truchsess smascherò il negoziatore come luterano e intrigante il papa ordinò che partisse.1 La situazione si riflette in una relazione dell’inviato veneto del 14 marzo. Il papa, così ivi Navagero, intende rimanere armato perchè è persuaso che soltanto così possano tenersi in freno gli imperiali. In Vaticano si sa che in un consiglio dei generali cesarei è risuonato il grido: «A Roma!», ma che i più assennati avrebbero risposto: «A che? non sapete che il papa è preparato e che ognuno in Roma pugnerebbe per lui?»2 Il rigore, con cui Paolo IV tutelava la propria autorità in Roma, aveva fatto la più profonda impressione : nessuno ardiva muoversi, neanche i cardinali.3 Invece di tener conto della consapevolezza che Paolo IV aveva di sè, allora per l’appunto gli imperiali commisero di nuovo una delle loro pazzie. Da appassionato cacciatore il marchese di Sarria s’era procurato a mezzo del conte di Montorio il favore di potere uscire dalla città anche nel tempo che le porte erano chiuse. Volendone far uso prima dello spuntar del giorno il 25 marzo, incontrò tenace opposizione. L’oificiale, che comandava a Porta Sant’Agnese, a causa di una negligenza nulla sapeva dèlie facoltà impartite all’inviato e si rifiutò d’aprire la porta. Allora l’arrogante seguito del Sarria usò violenza, disarmò la guardia e sfondò la porta.4 Mentre il debole conte di Montorio cercò di comporre amichevolmente la faccenda, il cardinale Carafa ne approfittò molto abilmente per rappresentare al papa l’arroganza e la temerità degli spagnuoli. Paolo IV, che teneva con la massima 1 Cfr. Riess 87 ss., 425 ss., dove però sono trascurate le importanti comunicazioni già fatte su questo affare da Ancel (Disgrâce 115 s.). Da un ** breve del 5 settembre 1555 (Archivio segreto pontificio) appare in quali contraddizioni mediante queste macchinazioni il nepote inviluppasse il papa. 2 Brown VI 1, n. 425. Sui preparativi allora fatti dal papa che temeva un nuovo Sacco vedi Hosn Epist. II, n. 1568 e Pray, Epist. proc. regni Hung. Ili, Posonii 1806, 85. In una * lettera a Ferdinando I dell’ li aprile 1556 (Archivio di Stato in Vienna) Lasso rileva quale rigoroso controllo venisse esercitato alle porte di città. 3 Vedi Masius, Briefe 241, 243 e 258. 4 Sull’incidente cfr. la * relazione di Gianfigliazzi del 30 marzo 1556 (Ar- chivio di Stato in Firenze); inoltre le lettere di E. Carne (ed. Turnbull n. 494) e Navagero (Brown VI 1 n. 447) e Sommario 350. Contro l’esposizione del Carafa (presso Casa II, 75 s.) elevò protesta il Sarria (v. Noneiat. I, lxxxv, n. 3). Poiché Carne pone che l’incidente avvenisse « Wednesday before Palme Sunday », Riess (p. 96) lo colloca ai 18 di marzo, partendo dalla supposizione che la Pa- squa nel 1556 sia caduta il 29 marzo, ciò che è errato ; allora la Pasqua cadde il 5 aprile, la Domenica delle Palme il 29 marzo, e l’incidente quindi ai 25 di marzo. In una * lettera da Roma 25 marzo 1556 al cardinale E. Gonzaga Ippolito Capilupi riferisce della scoperta d’un attentato contro il cardinale Carafa, per cui era stato giustiziato un tedesco. Archivio Gonzaga in Mantova.