317 vero, poiché come vi dissi più sopra io non qui-stiono ; poi i cieli non mi fecero grazia di sì felice e tenace memoria. Ben posso assicurarvi ch’io, cotn’io, a quel passo me ne sentii venir i brividi addosso, ed ebbi quasi duopo dell’ampolletta degli spiriti: del rimanente pensi ognuno a suo modo. Ma chi parla della voce e del canto della Malibran non dice che la metà de’suoi pregi. Confesso che alle pazze cose che andavano attorno e a certe storie che anche si videro, io in’ immaginava tult’ altra cosa di quello che scorsi. M’immaginava, che so io? di vedere lina donna, che altera della gloria c degl’incensi a lei tributati entrasse in iscena tutta sicura, con incesso superbo; m’apparecchiava perfino a qualche stramberia. Qual inganno! Ecco sparisce la piazza, cala la tenda della stanza di Desdemona; l’orchestra intuona l’accordo, tutti i cuori battono, tutti gli occhi e i cannocchiali, con incerto pensiero si drizzano alle quinte or da questa or da quella parte, esce alfine questa gentile Desdemona; e che si vede? Un gentil personcino colle forme leggiadre e leggiere d’ uua silfide, d’una grazia; il quale in sé stesso raccolto, pavido, e ueU’uniil atto di colui, che chiede mercé, muove piede anzi piede. E il pubblico festeggiarla, applaudirla, a suono di voci, di mani; ed ella I