446 Pio Y. 1566-1572. Capitolo 7 a. Allorché, addì 13 settembre 1568, ricevette dall’ambasciatore imperiale la notizia che Massimiliano era in procinto di capitolare dinanzi alla sua nobiltà protestante ed a concedere nei suoi territorii il sistema della chiesa territoriale, Pio V ne fu profondamente scosso. Il suo dolore fu sì grande che non potè trattenere le lagrime. E lagnandosi coll’ambasciatore disse che riconosceva come Iddio volesse punire la cristianità e che la religione andava alla rovina poiché sì a cuor leggiero l’imperatore cedeva alle pretese dei protestanti con pessimo esempio pei Paesi Bassi e la Francia; che non sapeva come in queste circostanze potesse mantenere le relazioni coll’imperatore. In una seconda udienza del 15 settembre Arco lusingossi di ottenere una risposta migliore, ma, come non era d’aspettarsi altrimenti, il papa rimase fermo nella sua condanna della concessione fatta. In un breve redatto lo stesso giorno egli scongiurò Massimiliano di desistere dal suo proposito, suscitatore di tanto scandalo. I cardinali Morone, Tru-chsess, Colonna devoti all’imperatore, e l’ambasciatore spagnuolo s’espressero nello stesso senso. In Curia credevasi che il Biglia verrebbe richiamato perchè non aveva saputo impedire il passo di Massimiliano.1 Il corriere imperiale che aveva trasmesso la lettera di Massimiliano del 3 settembre, ripartendo il 17 prese con sè la risposta del papa ed una minuta relazione di Arco sulla situazione. Era appena partito il corriere, che il papa fece un passo risoluto. In un concistoro tenuto inopinatamente il 17 settembre egli nominò il Commendone — che col Morone era il miglior conoscitore delle cose tedesche — legato straordinario presso Massimiliano coll’incarico d’indurlo a ritornare sulla sommamente pericolosa via-presa. 2 La missione precisamente di quest’uomo, di cui nella dieta di Augsburg aveva conosciuto l’importanza, era quanto mai spiacevole all’imperatore. Mandandosi un cardinale, ciò che avrebbe assolutamente voluto evitare, gli sarebbe stato più che tutti gradito un ambizioso condiscendente come Delfino.3 II suo sdegno fu sì grande che qualificò di « pazzo zelo monacale » il rapido e risoluto procedimento del papa : egli però, così s’espresse coll’ambasciatore veneziano, nulla cambierebbe. In Curia si grida e non si sa perchè. Poscia uscì in quelle frasi, che hanno ognora ripe- 1 V. la relazione di Arco del 17 settembre 156S, presso Hopfen 276 ss. Cfr. Corresp. dipi. II, 462 s. 11 breve del 15 settembre 1568 presso Schwarz, Briefwechsel 119 ss. Cfr. ancbe Sciiwakz in Festschrift zum Jubiläum des Camposanto di Ehses, Freiburg 1897, 238 ss. 2 V. la relazione di Arco del 18 settembre 1568, presso Hopfen 282 s. e Corresp. dipi. II, 463. 3 V. la relazione di Eisengrein del 9 ottobre 1568, presso Hopfen 291.