Michele Baio e le sue. nuove teorie. 253 la natura umana in tutti i modi non poteva elevare pretesa alcuna a quella dote come cosa a lei necessaria o dovutale, tali doni di grazia erano detti soprannaturali: qualora Iddio avesse lasciato il primo uomo in uno stato, in cui gli fossero mancate tutte quelle grazie, nulla sarebbe mancato alla natura di lui di ciò che le spettava e il suo stato nulla avrebbe avuto di anormale. Ora Baio rigetta questa concezione dei doni naturali e soprannaturali nel primo uomo siccome manifesto errore, di cui avrebbe colpa la filosofia per il suo indebito infiltramento nelle cose della fede. Se pertanto secondo Baio la figliuolanza di Dio e la libertà dalla disordinata concupiscenza sono un’esigenza dell’umana natura, la mancanza di tale corredo nell’odierno stato dell’uomo caduto dev’essere un difetto, una mutilazione della natura umana, la quale, secondo il teologo di Lovanio, dalla caduta di Adamo è assolutamente guasta e cattiva e le virtù che si narrano degli eroi dell’antichità classica non sono in realtà che vizi, che avevano l’apparenza della virtù. La concupiscenza, quale ora regna nell’uomo, secondo lui non è altro che il peccato originale. A questo punto sorge subito la questione, come mai moti indipendenti dal volere dell’uomo possono considerarsi peccati personali? Baio risponde che il concetto della libertà esclude solo la violenza esterna, non anche la necessità interna. E così Baio partendo dal suo errore fondamentale procede oltre con conseguenza e ne intesse tutto un sistema teologico sulla grazia e la redenzione, sul peccato e il merito, sull’amore di Dio e la giustificazione. Nella sua dottrina sul peccato in genere e sull’originale in ispecie egli si distingue « appena nell’uno o nell’altro punto dalle spaventevoli dottrine dei riformatori circa l’indemo-niamento dell’umana natura operato dal peccato».1 Col 1563 Baio cominciò a rendere pubbliche le sue idee mediante piccole scritture, composte in modo chiaro e preciso, nelle quali parla per lo più con parole di sant’Agostino, ma, staccando le sentenze di Agostino dal loro fondo storico, le controversie pe-lagiane, egli molto di frequente attribuisce alle medesime un senso totalmente nuovo. Lungo tempo prima di metter mano alla penna, in unione coll’amico e seguace Hessels egli aveva già sostenuto le sue particolari idee all’università incontrandovi tale favore che il cancelliere dell’università, Ruardo Tapper, nel 1552 al ritorno in Lovanio dal concilio di Trento rimase stupito del cambiamento ivi avveratosi durante la sua assenza. Quantunque inquisitore generale di Fiandra, egli tentò sulle prime di reagire alla nuova dottrina col mezzo della persuasione, ma i suoi sforzi non ottennero alcun successo; ed anche un ammonimento di Granvella ottenuto dal 1 Schkeben nel Kirchcnlexikon di Friburgo I2, 1861.