Riforma dei costumi. 63 alla fine di giugno del 1566 vennero dalla polizia cacciate di Borgo tutte le donne viventi d’infamia, commettendosi ai conservatori di cercare una località fuori di mano per le altre che vivevano disperse nella città. All’uopo fu preso in considerazione il Trastevere. Oltracciò un editto pubblicato il giorno di S. Maddalena 22 luglio 1566 stabilì che le più diffamate meretrici (cortegiane) dovessero cacciarsi entro sei dì da Roma, entro un termine doppio dallo Stato pontifìcio, qualora non preferissero di maritarsi o di ritirarsi nel convento delle Penitenti. L’ editto causò grande inquietudine: lamentavasi che per tale rigore la città si spopolerebbe e che molti mercanti, i quali avevano dato merci su credito alle etère, soffrirebbero sensibilmente. I doganieri chiedevano una diminuzione di fìtto di 2000 ducati pretestando che in virtù dell’espulsione di quelle persone era fortemente diminuita l’importazione di oggetti sottoposti a dazio.1 Il consiglio comunale si riunì e deliberò d’inviare dal papa una deputazione di 40 cittadini per chiedere la revocazione del decreto, di cui erasi già iniziata l’esecuzione. La deputazione — e non era da aspettarsi altro — ricevette una risposta severamente negativa. Tale vergogna disse il papa, non può tollerarsi nella santa Roma; preferirebbe scambiare la sua residenza con un altro luogo meno guasto. Altrettanto poco successo ebbe una rimostranza fatta in iscritto2 e nulla ottenne presso il papa anche l’intervento degli ambasciatori di Spagna, Portogallo e Firenze.3 Relativamente alla cacciata delle più diffamate cortegiane Pio V rimase inesorabile. Ai 10 d’agosto le più avevano già abbandonato Roma, altre stavano per fare altrettanto, molte si convertirono. Tornò favorevole a quelle tuttora rimaste in Roma il fatto, che alcune delle espulse fossero uccise da grassatori. Esse non vennero cacciate, ma dovevasi porre fine al loro pubblico disordine con ciò che fu loro assegnato un quartiere fuor di mano presso Ripetta, che non potevano abbandonare nè di giorno nè di notte sotto pena di pubblica fustigazione. Con tale severità fazione e tuttora si discute se sia giusto o errato il mezzo da ultimo usato da fio V. Che la Chiesa abbia il diritto di raggiungere con tutti i mezzi l’estirpazione delia prostituzione, è rilevato anche da Penck nel Handwòrterbuch dei* Staatsicissenscliaften V, 296. 1 Cfr. gli * Avvisi di Roma in App. n. 17-26. Biblioteca Vaticana. 2 V. ibid. È molto diffusa in manoscritti (Berlino, Regia Bibliot. ; Inf. Polit. XII, 230 s ; Parigi, Biblioteca Nazionale [vedi Marsand I, 630, 757 s.], Maza-flinai, Cod. 1779, p 320 s.) una Epistola a N. Sre p. Pio V nella quale si esorta S. S.tà a tolerare in Roma gl’ Hebrci et le cortegiane, in data del 13 agosto 1566, stampata in Rev. des études juives luglio 1892, che fra altro manovra l’argomento, che cacciando le suddette persone V. Sta non havra poi ehi ridurre al bene ne chi -punire al -male. Ove le cacci ora. potrebbero andare tutte perdute, mentre sarebbe possibile convertirle qualora rimanassero ! 3 V. la * lettera di Arco del 3 agosto 1566, Archivio di Stato in Vienna.