466 Pio V. 1566-1572. Capitolo 7 b. s’adattavano alla Germania. Colla buona intenzione di salvare la Chiesa essi nel sacrificare ai novatori principii ed istituzioni cattoliche cedevano fino all’estremo. « Qualora costoro avessero raggiunto la direzione delle cose, i cattolici tedeschi sarebbero rimasti ancora a lungo ciò che da decennii erano stati nella loro maggioranza: legati il più leggermente possibile col centro dell’unità cattolica, e perciò pusillanimi e senza vigoria ».1 Quanto fosse diffuso anche fra i vescovi tedeschi lo scoraggiamento e quali difficoltà incontrasse l’attuazione della riforma tridentina ci è testimoniato in modo classico da Pietro Canisio. In una lettera del 23 luglio 1567 il secondo apostolo della Germania descrive al generale dell’Ordine le condizioni tedesche. Egli prende le mosse dalla visita da lui fatta ad Erasmo von Limburg vescovo di Strasburgo, un signore malaticcio, molto curante della propria salute, che riconosceva bensì giusto l’avviso di nominare a tempo un abile coadiutore, ma non sapeva decidersi ad agire. Invano il Canisio gli specificò i molti canonici di Strasburgo favorevoli alla novità, ai quali non potevasi affidare simile importante negozio e gli promise aiuto da Roma. Invano gli ricordò la sorte dei vescovadi in Sassonia e richiamò l’attenzione di lui sui vicini avidi di bottino, che aspettavano soltanto la sua morte per gettarsi addosso al vescovado. Poiché anche in altri capitoli cattedrali regnavano le stesse condizioni che a Strasburgo, Canisio abbozzò una serie di proposte di riforma. Affatto giustamente egli vedeva la ragione principale del copioso aumento dei canonici eretici o sospetti nell’educazione, fatta non per uffici ecclesiastici, ma pel mestiere delle armi, della nobiltà tedesca, nelle cui mani era la maggior parte dei capitoli. Altrettanto sconsolate sono nella lettera di quell’uomo zelante per la fede le comunicazioni sullo stato dei conventi come del clero secolare. Alla fine egli s’occupa dei motivi coi quali i vescovi tedeschi si scusavano della non attuazione dei decreti tridentini. È la paura, così egli, che si rivela da essi. Manca ai nostri pastori fiducia e fermezza perchè considerano quasi disperata la Chiesa cattolica in Germania e veggono pochi soltanto o nessun principe sul quale fidare. E chiude le sue tristi considerazioni con queste parole: noi soffriamo gravemente e non possiamo sopportare più a lungo i nostri mali. Eppure rifuggiamo dai rimedii.2 È evidente che simili condizioni non potevano venire migliorate in un solo pontificato, ma è incontestabile che Pio V fece tutto quanto potè per suscitare e promuovere nel campo cattolico un movimento di riforma e di difesa, per rimuovere i mali peg~ 1 Vedi Bkattnsbergeb loc. cit. 105 s. 2 Vedi Canisii E pini. V, 515 s.