280 Pio V. 1566-1572. Capitolo 4 a. nere in mano pronunziando la scomunica contro i canonici e fece alcuni passi verso la porta del cimitero. I canonici lo respinsero; alcuni armati, che essi avevano assoldati, estrassero, gridando Spagna, Spagna, le loro spade1 e la porta fu chiusa in faccia all’arcivescovo. Egli quindi lanciò la scomunica contro il capitolo, e il suo vicario generale affisse ai muri un documento sulla cosa, che però venne subito stracciato. Senza aver nulla ottenuto Borromeo ritornò alla cattedrale, ove rinnovò la scomunica sui rei. I canonici dal canto loro a suon di campane notificarono che l’arcivescovo era incorso nelle pene canoniche per i passi compiuti contro la Scala e fecero affiggere la notizia a grandi lettere in diversi luoghi. L’arcivescovo trovossi ora in una situazione piuttosto difficile. II suo tribunale era paralizzato. Senato e governatore non mossero un dito contro coloro che avevano tratto la spada contro il loro arcivescovo. Anzi l’Albuquerque scrisse al papa che non ci sarebbe stata quiete a Milano fino a che non ne fosse mandato via l’arcivescovo.2 Per un momento persino Pio V parve influenzato dalle sfavorevoli notizie su Borromeo, al quale scrisse che, ove fosse vero ch’egli non avesse voluto differire di tre giorni la visita, non poteva approvare la cosa.3 II papa prese tuttavia decisamente la difesa dell’arcivescovo e con forti espressioni fece avvertito il governatore delle conseguenze che sarebbero derivate da atti violenti contro il cardinale.4 Non ostante la situazione apparentemente senza speranze, Borromeo non perdette il coraggio. Egli difese la sua causa, che a sua persuasione era la causa della Chiesa, con lettere a Roma, al nunzio ponticio in Ispagna, a Filippo II e ottenne ciò che appariva impossibile cioè che la vittoria rimase finalmente dalla sua parte. Pochi giorni dopo che il cardinale aveva emanato una diffusa protesta contro l’editto del governatore sulla giurisdizione,5 avvenne l’attentato degli Umiliati contro di lui, che rimase illeso in maniera cotanto singolare.6 Ora s’ebbe paura di continuare la lotta contro un uomo, a cui difesa secondo il pensiero di tutti 1 Secondo un memoriale propugnante il punto di vista del senato, die è seguito anche da Serbano, Corresp. dipi. III. xxv s., uno dei ministri armati dell’arcivescovo avrebbe per primo sguainato la spada. In una lettera a Castagna (sunto presso Bascapé 1. 2, c. 9, p. 44) Borromeo dichiara ridicola tale accusa dei suoi nemici, non essendo lui uscito con armati : « eosdem crimini sibi dedisse... rem indignissimam, sed tamen etiain ridiculam, gladios a Caroli parte, prorsus semper mermis, prius deductos ». 2 Corresp. dipi. Ili, xxx. Sylvain II, 9, 11. s Breve del 16 settembre 1569, presso Ladehchi 1569, n. 6. * Brevi del 10 settembre e 8 ottobre 1569, ibid. n. 6 e 7. La formula di' saluto nell’ultimo breve suona: Salutem et npostolicam benedictionem et s'alu-briora in Domino consilia. 5 II 19 ottobre 1569, presso Saia II, 20 ss. ; III, 415 ss. 6 V. sopra, p. 169.