Venezia respinge l’ultimatum turco. 521 l’inviato una pubblica udienza, ma di rifiutare però incondizionatamente il suo ultimatum.1 E in conformità fu redatta anche l’istruzione, che il 16 marzo fu spedita a Ragusa al segretario veneto Aloisio Bonrizzo, che accompagnava Cubat.2 Allorché l’ambasciatore turco il 27 marzo 1570 giunse nel porto di Venezia, gli si vietò di metter piede in città. Delle sentinelle l’accompagnarono il mattino seguente alla grande seduta del senato, che fu tenuta a porte chiuse e durò solo un quarto d’ora. In essa il Cubat consegnò il suo ultimatum. La risposta già preparata in precedenza conteneva un rifiuto reciso «con parole fredde e dignitose». Essa stabiliva che senz’alcun fondamento plausibile la Porta poteva rompere la pace ratificata da poco tempo con giuramento. Dall’aggressione, che era da attendersi, la repubblica si metterebbe sulle difese sperando nella giustizia di Dio e difenderebbe colle armi Cipro come suo legittimo possedimento.3 Sebbene allora Venezia sembrasse anche decisamente risoluta ad ingaggiare la lotta con i Turchi confidando nella sua potenza marittima, tuttavia si dubitava comunemente della sincerità della Signoria e si credeva che gli astuti diplomatici della repubblica della laguna mirassero solo a spaventare il nemico per evitare in fine la guerra e conchiudere colla Porta un accordo a loro favorevole, nel quale le potenze cristiane alleate resterebbero colle mani vuote. In considerazione di avvenimenti anteriori questa diffidenza si spiega ben facilmente ; per altro sopratutto per i rappresentanti di Filippo II presso la Curia, per Zuniga e Granvella, fu decisiva nel loro ritegno anche della tattica politica. Per accrescere il più possibile il valore dell’accesso della potenza spagnuola, questi diplomatici ostentavano che il re non pensasse a mettersi in lega.4 Che gli spagnuoli lavorassero con raggiri lo si era già mostrato chiaramente quando il papa entusiasmato per la protezione della cristianità in un concistoro del 27 febbraio 1570 parlò del pericolo turco ed incitò con parole penetranti a sorreggere Venezia. Circa l’imminenza e immediatezza del pericolo tra i cardinali dominava una sola opinione. Nessuno si nascondeva che Cipro sarebbe caduta nelle mani del sultano ancora prima che i principi d’Europa corrispondessero all’appello di soccorso del papa. Il mi- 1 Vedi la relazione del Facchinetti del 17 marzo 1570 presso VaiAnsise 48. 2 Vedi Yriarte, La vie cl’un patricien de Venise au 16” siècle, Paris 1S74, 171. 3 Quanto sopra secondo la relazione del Facchinetti del 29 marzo 1570 Presso Valensise 50 s. Gli istorici posteriori Partita (Hist. Venet. II: Guerra di Cipro I, 50 s.), Foi.ikta (De sacro foedere 1. 1) e Gratiahus (De bello Cyprd 403) hanno descritto minutamente gli avvenimenti d’allora, ma, come rileva Herre i, 22, n. 1, .abbellendoli alquanto leggendariamente. Sulla risposta preparata vedi Longo, Guerra 13 s., 14 e Yriarte 152. 4 Vedi le giuste dichiarazioni di Herre I, 67 s„ che per primo usò le relazioni del Granvella e dello Zuiiiga tìall’archivio di Simancas.