274 Pio Y. 1566-1572. Capitolo 4 a. considerava essere silo sacrosanto dovere di combattere.1 Non può soggiacere ad alcun dubbio che in questo campo spesso si trattasse di condizioni affatto insostenibili. Persino il Requesens, il rappresentante di Filippo II a Roma, in lettere confidenziali non celò il proprio pensiero, che il papa si lagnasse con diritto dell’offesa alla giurisdizione ecclesiastica. Qualora invece, — così egli —, relativamente agli abusi nella Curia romana lamentati dalla parte di Spagna, si fosse fatto appello a Pio V, questi certo li avrebbe eliminati. Al contrario si sono presi provvedimenti unilaterali e ciò facendo si è andati troppo avanti, tanto da potersi dire che i tedeschi hanno denunciato l’obbedienza alla Santa Sede colla parola e col fatto, e gli spagnuoli col fatto.2 Ripetutamente Castagna dovette elevare lagnanze sull’abuso di sottoporre tutti i decreti papali, anche quelli in cose meramente spirituali, al placet (pase) d’un’autorità laica quale il consiglio reale di Castiglia, e di respingerli ove paressero contrastanti coi privilegi e leggi del regno. Nel regno di Napoli l’estensione di questa pretesa, là detta exequaiur, aveva condotto a un conflitto sì grave, che Pio V minacciò di scomunica il viceré.3 Animato dalle intenzioni più pure, il papa voleva a mezzo d’una visita sollevare a un più alto gradino morale il clero napolitano, ciò che stava anche nell’interesse del regno, ma si vide dappertutto ostacolato dalle autorità regie, mentre in Sicilia dei laici, sotto il pretesto del privilegio della Monarchia Sicula, si permettevano le più gravi intrusioni nelle cose interne della Chiesa.4 Ad un cozzo ancor più acuto fra il potere spirituale e temporale si giunse nel ducato di Milano.6 Non ebbe che lieve importanza un primo, temporaneo dissidio col governatore, il duca*-d’Albuquerque, animato da buone intenzioni. Costui nelle funzioni ecclesiastiche pretendeva certe prelazioni d’onore, che, secondo il parere del Cardinal Borromeo, potevano concepirsi come sim- 1 Lo stesso Requesens riconosceva la purezza delle intenzioni di Pio V. Ai 25 di dicembre 1566 egli scrisse a Filippo XI : « Vostra Maestà può star sicura che ciò ch’egli fa non deriva da cattivo animo nè per intenzioni particolari, ma da santo zelo, sebbene senza conoscere i giusti mezzi da applicare, specialmente in riguardo a principi eoisì potenti come vostra Maestà ». Vedi Herre, Papsttum 154. ora edito in Corresp. dipi. II, 432. 2 Colecc. de docum, inéd. XCVII, 379-380. s Con Corresp. dipi. II, 27 cfr. la * relazione di Strozzi del 25 gennaio e ♦quella di Arco del 22 febbraio 1567, Archivilo di Stato in Vienna. 4 Cfr. Ladebchi 1566, n. 184 s. ; 1567, n. 63 s., 67 s. ; Corresp. dipi. II, 251 s., 282 s. s Cfr. Bascapé 1. 2, c. ls„ 7 ss., p. 24 ss., 38 ss. ; Mutinelli, Storia d'Italia I, 275 ss. ; M. Formentini, La dominazione spagmiola in Lombardia, Milano 1881 ; Bertani, La bolla ’ Coenae ’, la giurisdizione ecclesiastica in Lombardia, Milano 1888; A. Galante, Il diritto di placitazkme e l’economato dei benefici' vacanti in Lombardia, Milano 1884; Hinojosa 194 s. ; Laemmee, Meletemata 222 s., 226; Gindely, Rudolf II. I, 16; Serrano in Corresp. dipi. III. v-xt.