Bolla contro l’alienazione di terre papali. Il diritto di patronato. 161 i papi precedenti avevano bensì vietato alienazioni di beni ecclesiastici dichiarandole invalide, ma gente ambiziosa e avida di dominio avevano sotto pretesti d’ogni fatta insinuato ai pontefici che era più vantaggioso per la Chiesa se fossero state cedute per sempre o temporaneamente in feudo alcune città, territori e fortezze dello Stato pontificio. Parecchi papi avevano acconsentito, ma poiché molto importa ognora la inviolabile fedeltà verso la Santa Sede delle città e luoghi dello Stato pontificio, egli intendeva por fine a simili alienazioni : tale essere la sua precisa intenzione pel tempo del suo governo: volere poi dinanzi ai suoi successori almeno dare testimonianza che non gli aveva retto il cuore di considerare lecite certe cose: nutrire speranza ch’eàsi rifletterebbero dovere i papi dar conto dinanzi al tribunale di Gesù Cristo della loro amministrazione. Volere inoltre eliminare per quanto possibile anche le occasioni a simili alienazioni : perciò dichiara che tutti i luoghi dello Stato pontificio, anche quelli che fino allora erano stati dati in feudo, in virtù precisamente di questa sua dichiarazione sono incorporati alla Sede Apostolica e ritornati ad essa e stabilisce che in futuro nessuno possa fare la proposta di dare in feudo una città o territorio dello Stato pontificio sotto pena di scomunica e di tradimento. Gregorio XIII, Sisto V, Innocenzo IX, Clemente VIII, confermarono e ampliarono queste prescrizioni. In virtù di questa costituzione ritornarono alla Sede Apostolica il ducato di Ferrara sotto Clemente VIII e Urbino sotto Urbano VIII.1 Come coi beni della Chiesa così anche con parecchi diritti ecclesiastici i papi precedenti s’erano addimostrati troppo liberali. Era specialmente di danno la concessione ai principi civili del diritto di presentazione per parecchi vescovadi e benefici più importanti. Ora nella capitolazione elettorale dopo la morte di Paolo IV era stata espressamente accolta e giurata dai cardinali la deliberazione che il futuro papa potesse concedere simili diritti solo col consenso dei due terzi dei cardinali, ma Pio IV aveva creduto di potersi dispensare da questo giuramento in una serie di casi. Altro fu il pensiero di Pio V. Nel bel principio del suo governo egli rese pubblicamente nota quella prescrizione della capitolazione elettorale,2 e poco dopo tolse al duca di Mantova il diritto di presentazione per quel vescovado concessogli appunto allora da Pio IV,3 estendendo poscia tale determinazione a tutti i diritti di presentazione largiti dai suoi predecessori in quanto non ci fosse realmente l’assenso richiesto dei cardinali.4 Invano prò 1 Ladebchi 1567, n. 12. 2 Bull Rom. VII, 427. 3 Acta ponsist. card. Gambarac al 19 luglio e 23 dicembre 1566, presso La-dekchi 1566, n. 197 ss. 4 * « Aspetti V. S. Rina di veder presto bolle di riforme di molte cose, le Quali N. S. vuol dar fuori. Ha fra l’altre rivocato tutti li iuspatronati, etiam Pastor, Storia dei Papi. Vili. 11