Castagna e !e usurpazioni a Napoli. 291 castello che la sua famiglia avrebbe posseduto da 120 anni come feudo di Napoli, non già di Benevento; finalmente sulla bolla circa i cavalieri di S. Lazzaro. Su tutto questo, così riferiva Castagna, si discute fervidamente e quasi sicuramente comparirà a Roma il Requesens per elevare lagnanza.1 In queste condizioni il nunzio reputò opportuno di parlare lui stesso col re, che francamente ed energicamente esortò a non lasciarsi trascinare dai suoi ministri a passi pericolosi. Non credesse che il mantenimento dell’usurpazione della giurisdizione ecclesiastica, come forse poteva sembrare a prima vista, tornasse a vantaggio delle sue terre: tale mira invece condurrebbe alla rovina del suo stato. Precisamente per ciò il papa davasi pensiero di tenere lontano tale danno dal re, ch’egli amava ed apprezzava siccome colui fra i regnanti, che quasi solo difendeva ancora la fede. Prima di lasciarsi eccitare contro il papa, si sincerasse Sua Maestà delle vere intenzioni di lui, sulle quali i ministri immaginavano cose, a cui Sua Santità mai aveva pensato.2 Filippo evitò di entrare nei particolari delle precise dilucidazioni di Castagna, ma diede chiaramente a conoscere che non voleva tenerne conto. Mai finora, così notificò il Castagna a Roma, il re s’è lagnato sì amaramente come ora, specialmente sulle cose di Napoli. Aveva le lagrime agli occhi — se per ira o per dolore, lascio indeciso — quando fece rilevare che se il papa non fosse intervenuto egli stesso avrebbe agito e difeso i diritti, privilegi e consuetudini tramandategli dagli antenati.3 Castagna non sapeva spiegarsi l’eccitazione del re che da manovre dei ministri, i quali l’avrebbero persuaso che la bolla In coena Domini avrebbe suscitato una rivoluzione nei regni spa-gnuoli. Con terrore e angoscia egli vedeva prossimo il pericolo di una rottura fra papa e re, rottura che avrebbe avuto le peggiori conseguenze per la Chiesa. Ora spero, così scriveva egli ai 28 di luglio, più dal papa che dal re, che troppo si fida dei suoi ministri.4 Con quanta serietà Pio V si sforzasse per eliminare i dubbii di Filippo II ed avviare un componimento appare dall’istruzione mandata a Castagna il 17 d’agosto 1568. In essa si dice che colla bolla il papa non mirava affatto ad una innovazione nè all’ abolizione dell’exequatur o a diminuire la giurisdizione del re, ma soltanto a conservare l’autorità della Santa Sede pel bene della Chiesa. Pur essendo giustificato che un principe abbia cognizione 1 V. la * relazione di Castagna del 2S luglio 1568, Archivio segreto Pontificio. 2 V. Corresp. dipi. II, 424 s. 3 V. ibid. 425. 4 V. Ibid. 425-426.