616 Appendice. si dicano di loro, che della lega dava la sua, parola a Sua Stà secondo io le scrissi. Quanto alli synodi et residentia de’ vescovi, che giudicavano essere necessario che Sua Stà havesse scritto un breve al rè acciò havesse prestato il suo braccio secolare per la essecutione di quanto sopra ciò havesse ordinato et spetialmente in privar quelli che non ressedano, eccettuando quelli che non stanno al servitio di quella corona,, che saranno due ò tre: et così che li vescovi debbiano dare tutte le loro res-solutioni, che faranno nelli sinodi, al rè, per mandarle a S. Stà, circa che potrà considerar bene Sua Stà quello che li torni più a proposito,, che non si habbia a far qualche preiuditio alla Sede apostolica. Monsr di Angiù mi disse che facessi fede a Sua Stà come la regina sua madre et lui erano catolici et devoti di questa Sta Sede et di Sua Stà, et che per la defension di essa era per mettere la vita, come ha fatto sin’hora, et che era mentita quanto li era stato detto in contrario et pregiava Sua Stà a marchiar quelli tali. Il rè et la regina mi dissero il medemo et pregavano Sua Stà che per l’avenire se nessuno le veniva a dire simili cose, che lo sequestrasse, et poi se ne informasse et, se si trovava esser vero, che le loro Maestà si sottomettevano ad ogni censura di ]STro Sigre; quando fusse stato altri-mente, che havesse castigato quei tali. . Di più mi dissero che assicurassi Sua Stà che hoggidì non si vedono più eretici a canto et che tutti li caccia via nè fa loro buona cera. Delle cose d’Avignone mostromo gran desiderio di dar ogni aiuto, acciò quel luogo fosse spurgato da heretici, et che aspettava Danvilla per pigliar provisione, acciò si levasse da Oranges quel trattato. Del gran duca di Toscana mi dissero che si erano mostrati obedienti a Sua Stà in dargli il titolo di gran duca; il che hanno recusato fare duchi d’Italia, vassalli di Sua Stà; et che per degni rispetti hoggi non sarebbe fatta altra resolutione circa alla precedentia del duca di Ferrara, con tutta la grande instantia che le ne facci l’imperatore, il quale non è per obedirlo etiam che desse sententia contro il gran duca. Che loro siccome per il passato hanno messa la vita et per il regna et per la religion cattolica et per il mantenimento della Santa Chiesa; che così faranno per l’avenire et che, sapendo questo Sua Stà, la prega voglia esser contenta amar quella corona et non patir che sia così di-stratiata et disperata da metterla in disperatione con pericolo di perderla . Pregava Stia Stà che, quando le manda nuntii, sia contenta mandarle persone non appassionate, amorevoli et ben viste da lor MMtà, et non persone appassionate et rotte, come era il già vescovo di Viterbo. Che Sua Stà sia certa che nel regno sono più interessi et inimicitie che heretici. Che tuttavia questi capi di heretici vanno mancando da sè, et spera in Dio che le cose si reduranno nel stato pristino avanti queste calamità causate per essere il rè putto et da l’interessi et inimicitie de’ principi di quel regno et da l’ambition loro di regnare».