192 l’io V. 1566-1572. Capitolo 2 i. scientifica, alla quale per tal modo era innalzata la loro unione, e vollero per ciò che fossero membri della Compagnia di Gesù solo tali, che mediante rigorosi esami avessero egualmente dimostrata la loro capacità scientifica. Ma poiché così il numero dei membri doveva rimanere molto limitato e sarebbe stato impossibile operare in grande, si accettarono anche altri preti capaci, ma soltanto come coadiutori, cioè collaboratori della Compagnia propriamente detta. Questi coadiutori avevano i soli voti semplici religiosi: potevano bensì coprire quasi tutti gli uffici nell’Ordine, ma non avevano rappresentanti nell’assemblea legislativa dell’Or-dine, la congregazione generale, così che qui non potevano passare leggi che avrebbero abbassato lo stato scientifico dell’Ordine. Non entrando però in numero sufficiente preti pienamente formati ed avendo Ignazio quindi deciso di accettare giovani e di educarli nell’Ordine, egli concesse i voti solenni anche a coloro che avessero dato prova di possedere scienza sufficiente ma solo dopo un lungo tirocinio di comunemente diciassette anni. Fino a quel punto i religiosi giovani erano dal canto loro legati all’Or-dine da voti semplici e non nella stessa guisa l’Ordine ad essi: addimostrandosi non idonei allo scopo della Compagnia di Gesù, il generale poteva sciogliere i voti e dimetterli. Le bolle di Paolo IH e di Giulio IH avevano approvato questo ordinamento, ma Pio V opinava che ci fosse una specie di man-mancanza di equità nel fatto che pei semplici voti l’Ordine non fosse legato come chi vi entrava.1 Non intervenne però senz’altro, ma nel 1567 ordinò ai Gesuiti di presentare alla congregazione del Concilio una giustificazione dei voti semplici degli scolastici, ritornando insieme al pensiero di Paolo IV di obbligare i Gesuiti alla preghiera corale; anche su questo punto doveva esprimersi il memoriale domandato. Alle delucidazioni dei Gesuiti2 non toccò un successo decisivo. Relativamente ai voti semplici degli scolastici il papa si dichiarò bensì soddisfatto, nè insistette più su questo punto : le ragioni addotte avevanlo anche persuaso che coll’attività dei Gesuiti per la cura delle anime non era compatibile la preghiera corale solenne, ma pensò fosse suo dovere non dispensarli dalla preghiera corale senza canto, dovendone rimanere però esenti gli studenti e i collegi e dichiarandosi contento quanto alle altre chiese dell’Ordine se in caso di necessità il coro fosse tenuto coll’ intervento di due soli.3 Anche quest’obbligo fu imposto dal papa soltanto con comando orale senza formalmente revocare le precedenti concessioni pontificie e concedendo inoltre una dilazione fino alla pub- 1 Sacchini P. III, 1. 3, n. 1 ss. Astrain II, 317 ss. 2 Estratto presso Sacchini P. Ili, 1. 3, ti. 1-22 ; cfr. Astrain II, 318 s. s Sacchini loc. cit. n. 23.