440 Pio Y. 1566-1572. Capitolo 7 a. accogliere la confessione augustana, libero esercizio della religione e abolisse il reservatum ecclesiastico.1 Qualora fosse caduta que-st’ultima clausola, per la quale un principe ecclesiastico che passasse dalla fede cattolica alla luterana perdeva ufficio e rendite, i seguaci delle nuove credenze potevano a ragione sperare di fare un ulteriore passo per il completo esterminio dell’« abbominio e idolatria dèi papato » nell’impero.2 Frattanto erano arrivate a Roma notizie cotanto inquietanti sull’atteggiamento religioso dell’imperatore, che vi si temeva il suo passaggio alla confessione augustana. Perciò ai 6 d’aprile fu spedito al Commendone l’avviso che, dandosi questo caso, lasciasse protestando la dieta. Commendone non condivideva il timore circa l’apostasia di Massimiliano, ma fin dal principio aveva chiaramente riconosciuto che si sarebbe arrivati ad una generale conferma della così detta pace religiosa d’Augsburg del 1555, la quale, rigettata dagli stati calvinisti, era con tanto maggior zelo sostenuta dall’imperatore, ma anche dai principi ecclesiastici, che da un’infrazione del patto temevano nuovi spogliamenti.3 Sommamente difficile era la posizione di Commendone, che chiese nuove istruzioni, per la condotta da tenere. Quando alla fine d’aprile esse arrivarono, egli trovossi in ancor maggiore imbarazzo perchè il papa gli aveva comandato di lasciare protestando la città qualora nella dieta si prendesse qualunque si fosse deliberazione contraria alle decisioni dogmatiche del concilio di Trento.4 Pio V condannava la pace religiosa d’Augsburg altrettanto recisamente come Paolo IV, il suo predecessore a lui spiritualmente affine,5 ma, data la condizione delle cose, era escluso che non venisse confermato quel patto perchè ad Augsburg persino i cattolici lo sostenevano allo scopo di essere protetti contro nuovi danni. Una protesta del legato avrebbe condotto, a letizia dei nemici, non solo ad un dissidio coll’imperatore, ma anche cogli Stati cattolici. In questa penosissima situazione il Commendone si rivolse ai suoi consiglieri ecclesiastici, specialmente al Canisio. Alla questione principale ad essi proposta, se la pace del 1555 e la sua conferma contradicesse alle decisioni dogmatiche del concilio tridentino, nel parere dei Gesuiti fu risposto di no, trattandosi di pace non su terreno dogmatico, ma politico : era stata semplicemente un espediente ed un armistizio provvisorio. La Santa Sede non può bensì approvarla espressamente, ma la può ben tollerare fino a che ven- 1 Vedi .Tanssen-Pastor IV is-i#( 224 ss. 2 Ofr. Kltjckhohn, Briefe I, 520, 529 s. s V, la * relazione del Commendone del 22 aprile 1566, Archivio Gra-ziani a Citta di Castello. * Cfr. Nadal III, 99; Cantsii Epìgt. V. 252; Broccoli II, 190. 5 Cfr. il nostro vol. VI, 535 s.