114 nell’abito e nel sembiante. Ed io t’accolsi amoroso al mio seno ; del mio amor ti scaldai, ti nutrii, povere o ricche li prestai le mie vesti: tolsi infine il tuo colore; e per la dama de’miei pensieri trassi più volte, nè sempre invano, nè sempre inglorioso il brando, e avesti un nome fra le tue pari. Così passammo i primi anni felici, in soave consorzio di care e oneste speranze, in secreto vagheggiandoti, e affrettando co’ voti quel giorno, hai troppo tardo! in cui avresti avuto alfine pubblicamente il mio nome. Ma ahimè ! quel giorno è venuto, e come un nembo crudele seco rapimmi il frutto sì lungamente sperato. Come i Mirmidoni dal suolo, nuovi, improvvisi adoratori rivali sursero a contrastarmiti intorno, e quell’armi che un tempo, cavalier senza nome, pel tuo onore imbrandiva, ora volgere mi convenne incontra a quei proci per conquistarti. Ma qui le arme non fu-ron cortesi, si pugnò fieramente e ad oltranza: caddi, fui rotto, tutto quasi mi trassero il sangue, ma tu mi sei alfine rimasa. Ed oh! se quando ancor mia non eri, sì devota, sì lunga servitù t’aveva profferto; e forte e coraggioso per te avea disertato l’antica men fortunosa c più florida insegna alla qual in’era ascritto, con quanto entusiasmo d’amore,