248 Pio Y. 1566-1572. Capitolo 3 a. nel dibattimento un maggior numero di teologi ed alle rimostranze dell’ambasciatore rispose che ove ciò avvenisse, in dieci giorni non si farebbe ciò che allora sbrigavasi in un’ora;1 quando poi Zuniga manifestò il desiderio che il papa chiamasse almeno a Roma gli autori degli ultimi pareri per udirne le ragioni, Pio fortemente adirato replicò che non aderiva e che Zuniga voleva che l’affare non arrivasse mai alla fine.2 Pio V sarebbe stato disposto ad alcune concessioni circa l’altra pretesa di Filippo, che la decisione finale venisse presentata a Madrid prima della pubblicazione.3 Ad un terzo desiderio del re il papa acconsentì invece pienamente dichiarandosi pronto a degnare d’una visione i pareri da poco mandati di teologi spagnuoii. Veramente questi posteriori giudizi lo soddisfecero sì poco come i precedenti e il nunzio Castagna dovette dichiarare al re4 che quei pareri si attaccavano alle parole e non penetravano fino al senso, che l’autore connette alle parole : per riconoscere il senso doversi tener presente la concatenazione delle scritture. Col modo di procedere preferito dai teologi spagnuoii potrebbero farsi eretici anche sant’Agostino e altri dottori affatto ortodossi staccando le loro parole dal contesto. Si consideri inoltre che l’arcivescovo ha scritto prima delle decisioni del concilio di Trento e che ove nei suoi scritti si trovino errori ed eresie, è tuttavia ben difficile decidere se egli per ciò sia da considerarsi eretico e se la sentenza finale in proposito spetti ai giuristi o ai teologi. ' Quest’ultima osservazione fu certo aggiunta perchè Zuniga aveva derivato il contrasto fra il giudizio spagnuolo e il romano sul Carranza dal fatto che i dotti romani fossero giuristi e non teologi.6 Ora, secondo la concezione romana, era sì cosa dei teologi decidere se una proposizione fosse ortodossa o meno, ma l’altra questione se per un’affermazione ereticale uno fosse da considerarsi eretico, spettava ai giuristi. Del resto a Zuniga toccò anche di sentirsi dire dalla bocca stessa del papa, che gli autori di quei pareri non sapevano giudicare appunto perchè si attaccavano alle parole e 1 Ztìfiiga a Filippo II, 12 ottobre 1571. ibid. 470. 2 Ibid. 473. 3 Ztifiiga, 30 gennaio 1571, ibid. xxnr. * Rnsticucci a Castagna, 25 agosto 1570, ibid. Ili, 514 s. ? « Le dica liberamente [al re] che le censure fatte sopra li scritti cbe qua si chiamano »cartafacci, sono più presto censure delle parole che di quello che habbia inteso per quelle parole l’autore o scrittore ; è che a voler vedere fi senso dell’autore convien ponderare la scrittura precedente et subséquente ; perchè in quella maniera che hanno censurato quelle si potrebbe censurare ancora R. Agostino et altri Santi Catt. Dottori, prendendo le lor parole troncate». Corresp. dipi. Ili, 514. “ Ibid. IV, xvi.