276 Pio V. 1566-1572. Capitolo 4 a. La questione del placet per il sinodo e per lettere papali fu in breve tempo assestata per lo spirito di conciliazione del governatore e il senato dovette abbandonare le sue pretese. Quella invece sui birri armati dell’arcivescovo non doveva arrivare ad appianamento vivente il Borromeo. In realtà le cose non erano pienamente chiare a questo riguardo. Borromeo sosteneva i suoi diritti coll’esempio dei predecessori nella dignità arcivescovile. Il senato dal canto suo dichiarava prescritti tali diritti per la ragione che, data la continua assenza degli arcivescovi milanesi dalla loro sede, da decennii essi non furono esercitati. Oltracciò Milano era frattanto passata sotto la signoria spagnuola e le leggi spagnuole non lasciavano campo a quelle pretese dell’arcivescovo.1 Il senato pertanto aveva un appiglio legale a favore del suo procedere : esso se ne serviva con uno zelo, che anche a giudizio di Filippo II trapassava il segno.2 La severa azione del Borromeo contro abusi e immoralità gli aveva suscitato nemici precisamente fra i nobili e potenti, che volentieri approfittarono dell’occasione per mettere bastoni fra le ruote all’incomodo riformatore.3 Filippo II, al quale il senato sottopose le sue lagnanze contro l’arcivescovo, rimise la cosa alla decisione del papa. Già prima Borromeo aveva sottoposto la questione di diritto alla Sede papale ed allora il senato si fece rappresentare a Roma da uno dei suoi membri, il futuro cardinale Chiesa. Questi ritornò a Milano prima dell’estate del 1567 : in un breve, che egli portava con sé, il papa prometteva che avrebbe affrettato al possibile l’aggiustamento della difficile questione giuridica.4 Mentre le trattative a Roma trascinavansi per le lunghe, Borromeo continuò a servirsi come prima dei suoi birri, giacché secondo i principii del diritto ne aveva piena facoltà. Causò rumore e corruccio specialmente l’aver egli proceduto contro l’immoralità d’un nobile milanese, che «per denaro vendeva l’onore della sua casa». Il cardinale lo fece arrestare e mettere in prigione..5 1 Serrano loc. cit. 2 II Re cattolico cognosce l'errore del Senato et similmente tutti oli consiglieri che sono qui (Castagna a Bonelli l’8 settembre 1567, Corresp. dipi. II, 189 ; efr. 215). Espinosa disse al nunzio, che il Re ha havuto per male assai del Senato che li abbia fatto quello che fece, maxime senza darne parte prima al Governatore ; et gii ha scritto che adverta che non gli occórra mai più simil. cosa. Castagna a Bonelli, 14 febbraio 1568, ibid. 305. s « Alcuni del Senato ancora, quali essendo infetti di qualche vieio notabile, fanno pii! rumori de li altri acciò che [non] siano per avventura castigati de i loro peccati ». Bonelli a Castagna, 25 luglio 1567, Corresp. dipi. II, 172; Basc.vpé 1. 2, c. 1, p. 24 ss. 4 È stampato presso Bascapé 1. 2, c. 2, p. 29 ; versione italiana presso Giussano 317. 5 Bonelli a Castagna, 2 agosto 1567, presso Sylvain I, 380.