114 Pio Y. 1566-1572. Capitolo 2 o. Tarragona e quando a causa del Carranza dovette starsene a Roma, costituì visitatore del suo vescovado un gesuita, Alonso Román.1 Come Francia, e Spagna, così potè considerarsi rappresentato nella creazione anche l’Oriente greco: infatti uno dei nuovi porporati, il generale dei Domenicani, Vincenzo Giustiniani, discendente dalla nota famiglia genovese di vecchia fama, era nato nell’isola di Chio ed ivi era entrato nell’Ordine domenicano, nel quale già a 38 anni arrivò alla più alta dignità. Fu al concilio di Trento con 18 vescovi e 27 teologi del suo Ordine. Quando fu nominato trovavasi quale inviato pontificio in Spagna, dove nella controversia milanese sulla, giurisdizione sostenne la causa del papa e del cardinale Borromeo ed almeno avviò « il principo della fine » della lunga discordia. Nel campo della scienza Giustiniani si rese benemerito dell’edizione delle opere di san Tommaso.2 Oltre a Giustiniani appartenevano allo stato religioso altri tre dei nuovi eletti, cioè il domenicano Arcangelo Bianchi, da lunga pezza confessore stabile di Pio V, fedele compagno dell’inquisitore Ghislieri e da questo, diventato papa, fatto vescovo di Teano e commissario generale dell’inquisizione.3 De’ Francescani ricevette la porpora Felice da Montalto, il futuro papa Sisto V, che già prima Pio V aveva insignito della dignità di generale dell’Ordine. Anche ai nuovi Ordini Pio V diede un rappresentante nel Collegio cardinalizio coll’elevazione del teatino Paolo Burali, di Arezzo, uomo di affatto straordinaria santità di vita. Filippo Neri deplorò la morte di Paolo siccome una disgrazia per tutta la cristianità; fin dallora pensossi seriamente alla sua canonizzazione e il suo confratello Andrea Avellini, che fu innalzato agli onori degli altari, lo metteva a lato d’un san Carlo Borromeo. Burali fu dapprima avvocato, poscia giudice. Lodavansi di lui l’imparzialità e l’incorruttibilità e narravasi che in un processo, ch’egli dovette decidere contro una povera vedova, la indennizzò colle proprie sostanze. Entrò nei Teatini a 40 anni e sarebbe rimasto volentieri semplice fratello lajeo se i suoi superiori lo avessero concesso. In seguito gli furono più volte offerti dei vescovadi, ch’egli rifiutò tutti, finché dopo la morte del cardinale Scotti nel 1568 Pio V gli comandò di assumere quello di Piacenza. Da vescovo egli mantenne il tenore di vita seguito da Teatino, eresse scuole pei poveri, nelle quali impartivasi l’insegnamento gratuitamente, un seminario, un orfanotrofio, un asilo per vergini e vedove, un rifugio per peccatrici convertite, un convento pei Cappuccini 1 Astrato III, 41 s. 2 Vedi Cardella V, 146 s. 3 V. ibid. 135. Il sepolcro di A. Bianchi con bel busto a S. Sabina ; l’iscrizione presso Forcella VII, 306.