Il processo di Carranza e il cesaropapismo spagnuolo. 241 senza possedere gli atti completi e avere udite le parti, potessero tuttavia avere una migliore conoscenza dello stato della cosa. Per quanto riguardava lui, Granvella aggiunse che colla approvazione sua mai avrebbe il re acconsentito che la cosa venisse trattata al di là dei confini spagnuoli. Con ciò s’è creato un grave danno all’inquisizione, e in ciò sta una molto giusta ragione per una rottura ove il papa non muti strada: la rottura lo indurrà a cambiare. Zuniga non osò far suo il parere di Granvella e consigliare misure violente. Scrisse al re che una volta che sapesse non essere da pensare a un ritorno del Carranza, egli cercherebbe di guadagnar a ciò il consenso dei giudici.1 Allorquando, poco dopo la Pasqua del 1570, consideravasi imminente la decisione nella causa del Carranza, Zuniga reputò venuto il tempo di mettere il papa in cognizione dei punti principali dell’istruzione regia. In occasioni più lievi aveva talvolta Pio Y trovato conveniente di contrastare anche con veemenza alle pre tese dei principi. Questa volta quell’uomo di forte volontà rimase esteriormente calmo. Con caratteristica brevità rispose a Filippo in alcune righe autografe, ch’egli accoglieva sempre volontieri le osservazioni dell’ambasciatore e del re sul processo e che se il suo officio gli permetteva concessioni anche maggiori in processi su vescovi, le avrebbe fatte con animo pronto. Il re però tenga presente che i suoi avvertimenti riguardano cose, le quali o spettano al processo o no : se no, non potranno influire sulla decisione ; in caso diverso, sono notissime al papa.2 Dopoché Zuniga ebbe dapprima comunicato soltanto i punti principali del memoriale regio, seguì un certo tempo dopo la lettura di tutto il documento al pontefice. Anche questa volta Pio V rimase in perfetta calma. Accondiscese a rispondere alle incolpazioni : parecchi rimproveri, dichiarò, furono elevati a torto, altri sono senza importanza. Qui Zuniga venne al punto che aveva profondissimamente ferito la sensibilità degli spagnuoli, che cioè a Roma si fossero messi da parte i pareri dei loro teologi. A questo proposito Pio V disse apertamente all’ambasciatore ch’egli non faceva gran caso di quei pareri e, relativamente al Catechismo di Carranza, sì fortemente attaccato, che il libro conteneva bensì molte cose non adatte ai popolani e perciò era stato a ragione proibito, lasciando del resto intendere che ne considerava ortodossa la dottrina. Dio sa che da sua parte non v’ha prevenzione a favore dell’arcivescovo. Se Carranza è reo, non può cadere in peggiore mani delle sue. Il re si reputi assicurato che 1 Ibid. IV, ¡xin. 2 « que si las advertencias que de allá pueden venir son fuera del progesso de la causa, que no pueden servir a la determinación della; y que si están en ( '1 Proíjesso, nos son notissimas ». Lettera del 19 aprile 1570. ibid. III, 295. Pastor, Storia dei Papi, Vili.