546 Pio V. 1566-1572. Capitolo 9 c. potuto sbrigare la faccenda e procedere alla pubblicazione della lega.1 Il 16 marzo il cardinale Bonelli ordinò al nunzio a Madrid di chiedere al re di approntare le sue galere e truppe, giacché il papa riteneva la lega come conchiusa e non aspettava altro che la decisione di Venezia. Questa arrivò due giorni dopo. Quale ne fosse il tenore si potè vedere chiaramente dal volto pieno di mestizia e di risentimento col quale il papa comparve il 19 marzo nel concistoro.2 Di fatto erano sorti tra Venezia e la Spagna dissapori così serii circa le prestazioni reciproche da ingenerare nel Facchinetti il timore che la repubblica di S. Marco accedesse ad una. pace col nemico della cristianità. Il rappresentante del papa adoprò tutta la sua eloquenza per impedire ciò. Dalla risposta generica e involuta, che gli fu comunicata il 15 marzo, egli credette di dover ricavare, che Venezia avesse- già preso la decisione per un accomodamento colla Porta e che volesse costringere Filippo a cedere. Essa non poteva, così dichiarava la Signoria, prestar fede alle promesse della Spagna circa una guerra difensiva e offensiva, nè, essendo Creta minacciata dai Turchi, poteva fornire i rematori richiesti da Filippo.3 In una seduta tenuta davanti al papa il 20 marzo si tentò di trovare una via d’uscita.4 Il Facchinetti raccomandò subito insistentemente al senato le proposte relative, che aveva ricevute il 23 marzo. La condotta del governo veneto non mostrò ora che troppo chiaramente quanto esso volesse differire la decisione. Ogni giorno c’erano nuove difficoltà, nuovi pretesti. Oggi era una festa la causa per cui non si potè prendere una deliberazione, domani era il doge ammalato. Non c’era dubbio: un forte partito, cui premevano sopratutto gli interessi commerciali, lavorava potente-mente contro la lega e consigliava di aderire alle trattative di pace proposte da un agente francese a nome del sultano.5 Da questa parte si elevarono persino lagnanze del tutto infondate contro il papa. In tali circostanze, opinava il Facchinetti il 28 marzo, egli non poteva fare altro che sempre nuovamente insistere, esortare, accusare. Consigliava di cattivarsi la repubblica con nuove concessioni. Allorché egli il 30 marzo chiese al doge colla massima risolutezza una risposta determinata, questi rispose essere naturale che, avendo gli inviati spagnuoli discusso tanto a lungo» anche a Venezia si ponderasse maturamente una questione si 1 V. ibid. 219, n. 1. 2 V. ibid. 224. 3 Vedi Valensise 117 s. 4 V. la lettera di Bonelli a Facchinetti del 20 marzo 1571, presso Vale8' RISE 120 S. Cfr. ClIARRIKRE III, 145. 5 Cfr. Serbano, Liga I, 95.