Riforma della Dataria 119 anche dai papi, ma che non potevano togliersi con un colpo solo.1 Dopo che tanti scrittori, procuratori ecc. avevano comprato in buona fede il loro officio, non potevano venire dimessi senza conveniente indennizzo. Ma donde dovevano cavarsi i mezzi per indennizzare convenientemente un tale esercito di impiegati?2 Fin dal principio Pio V ebbe la migliore volontà di porre fine ad ogni prezzo agli inconvenienti. La santa severità che animavaio si esprime quasi con durezza allorché nel 1569 alle lamentele di alcuni impiegati dimessi dalla Penitenzieria rispose: esser pur sempre meglio morir di fame, che perder l’anima.3 In realtà però egli non poteva condannare alcuno a morir di fame e quindi pur con tutto lo zelo dovevasi procedere passo passo. Già nei primi mesi del governo di Pio V il Tiepolo scrive che il papa sorvegliava rigorosamente la Dataria, non volendo più tollerare traccia alcuna di simonia.4 Subito dopo la sua elezione egli aveva dato a questo importante ufficio un distinto presidente nella persona dell’arcivescovo Maffei, l’aveva messo sotto la sorveglianza dei cardinali Scotti, Reumano e Rebiba5 ordinando che non si accettassero più per l’avvenire denari delle composizioni.6 Una fonte di continui scandali e di intrighi simoniaci erano ivi specialmente le cessioni a benefizi, che venivano fatte in mano del papa, ma non incondizionatamente, sibbene a favore di un terzo. ’ Pio V vietò tali convenzioni :8 il datario doveva presentare a lui le domande di rinunzia al fine di potersi persuadere che non fos-servi apposte condizioni cattive.9 Fin dal 1566 destinò apposita- 1 Su tentativi di riforma a questo riguardo in ispecie per la Penitenzieria vedi Göller II 1, 97 ss., 145 ss. 2 Cfr. Göller II 1, 94. Al tempo di Pio IV dalle osservazioni all’abbozzo della sua bolla di riforma per la Penitenzieria apprendiamo ehe parecchi avevano sacrificato ogni loro avere per comperare un officio alla Penitenzieria : ibid. 128 e II 2, 134. Ofr. ibid. 103 un’osservazione del tempo di Alessandro VI. 3 * Arco, 19 febbraio 1569, Archivio di Stato in Vienna. 4 25 maggio 1566 presso Mutinelli I, 45. 5 Vedi Salmeron, Epist. II, 60. 0 Requesens, 11 gennaio 1566, Corresp. dipi. I, 86. v 4 « [le renoncie], dalle quali procedevano infiniti scandali di simonie et altri errori ». Avviso di Roma del 28 settembre 1566, Urli. 101/0. p. 291b, Biblioteca V aticana. 8 * « Nella medesima signatura ordinò al datario che non passasse più suppliche di quelle che parlano di rinuntie de benefici in mano del Papa, ma però in favore di tale, perciocché pure a lui che questo sia modo di appropriarsi troppo lungamente benefici! ecclesiastici et in se stesso non può patire questa cosa, con tutto che per tanti et tanti anni sia stata accettata e usata dai pontefici et da la corte. Di modo che da qui innanzi chi vorrà rinuntiare in mano del Papa, bisognerà rinuntiare liberamente, et non più in favore di persona ». Imzzara al duca di Mantova, 15 maggio 1566, Archivio Gonzaga in Mantova. 9 * Avviso di Roma del 18 maggio 1566, Urb. 101/0, p. 229, Biblioteca V aticana. Queste «condizioni profane» potevano essere ad es. le varie forme della simonia confidenziale.