Il papa tenta d’attirare alla lega anche la Francia. 527 Pio Y voleva attirare non solo la Spagna e il Portogallo, ma anche la Francia nella guerra contro il turco, sulla quale si poteva trattenere per lunghe ore con il cappuccino Gerolamo da Pistoia, da lui specialmente stimato.1 In vista delle condizioni del regno di Francia e degli antichi rapporti amichevoli di quel governo colla Porta c’era veramente poca prospettiva di un successo. Tuttavia Pio V tentò di agire personalmente sul giovane re Carlo IX adoprando tutta la sua autorità, inviandogli il 13 marzo 1570 una lettera infocata. In essa con parole commoventi deplorava i dolori della cristianità che ora col pericolo turco toccavano il colmo. Per ciò il re viene scongiurato d’accedere alla lega diretta contro il turco. Al rifiuto freddo e secco di Carlo IX il papa rispose il 18 giugno con un’altra lettera molto grave. Se il re, vi si dice, non vuole rinunziare alle sue vecchie relazioni amichevoli colla Porta, onde poter prestare a Costantinopoli altri buoni servizi, egli si trova con ciò su di una strada del tutto falsa, perchè non si può fare il male per conseguire il bene. Del resto il re si inganna assai se crede di poter mantenere egli solo col nemico di tutti i principi cristiani un’amicizia che egli dovrebbe piuttosto fuggire come la peste. Ora Venezia sperimenta in che conto si debba tenere l’amicizia del sultano. La lettera terminava coll’esortazione di seguire l’esempio che la Francia altra volta aveva dato nel tempo della sua gloria e grandezza.2 Pio V predicava a sordi. La diplomazia francese non rifuggì persino di opporsi direttamente alla lega tentando di spianare un accordo tra Venezia e la Porta.3 Quanto era dunque lontano il teimpo, in cui lo zelo per la crociata riempiva tutta la cristianità ! Ciò si mostrò anche nel fatto che Pio V, non ostante fosse esortato da varie parti, ora non ardì più di rivolgersi per lettera a colui, al quale si rivolgevano un tempo in prima linea gli sguardi dei papi in simili circostanze: all’imperatore. Questi di fatti non pensava di recedere dalla pace, che i suoi ambasciatori avevano comprato nel 1568 per otto anni.1 Inoltre i rapporti del papa col rappresentante della più alta dignità secolare della cristianità erano profondamente turbati non solo per il contegno di Massimiliano II nelle questioni religiose, ma anche per l’elevazione di Cosimo a gran- 1. Ofr. la relazione del Tiepolo presso Mutinelu I, 92 s. Su G. da Pistoia vedi Rocco da Cesinaie I, 76 s. 2 Gotteatt 295 s., 298 s. Laderchi 1570, ri. 61-62. La data «14 marzo » l>resso Ladekchi è errata; v. * Brevia Pii V in Ann. J/J/, t, 15, p. 44t>s Archivio segreto pontificio. 3 Vedi Herre I, 161. 4 Cfr. sopra, p. 443.