nonché poco dopo l’erezione di questo tribunale e la destinazione dei soggetti che dovevano comporlo, verificatisi alcuni incidenti, e l’aspettativa dello stesso Fondatore rimanendo quasi delusa, si pensò di eleggere (24 aprile 156.5) un giureconsulto molto competente il quale non fosse insignito dell’abito di cavaliere e che, in nome del Gran Maestro, assistesse al Capitolo Generale, al Consiglio e ad ogni altra pubblica adunanza dove si trattassero negozi relativi all’ Ordine, con facoltà di “ udire, consigliare e decidere „, ecc., ed esercitare presso il Gran Maestro le veci dell’ “ auditore „ e di “ avvocato supremo dell’ Ordine „ (1). Trattandosi, poi, di un ordine monastico-militare, i Cavalieri di Santo Stefano erano chiamati alla professione di tre voti : carità, castità coniugale e ubbidienza. Interessante, a questo proposito, è ciò che dice e il modo col quale si esprime il capitolo 2.o degli Statuti : “ Quello che è ai naviganti la tramontana, sono agli uomini le leggi, e come non si può navigare felicemente senza essa stella, così non si può beatamente vivere senza esse leggi ; e siccome i saggi nocchieri per condursi sicuramente in porto riguardano sempre verso il Polo, così i Cavalieri della nostra Religione per conseguire la loro felicità debbono havere sempre gli occhi rivolti alle leggi, alle quali incominciando Noi, invocando un’ altra volta il Nome Divino, a dar buon principio, con isperanza di miglior mezzo e d’ottimo fine : diciamo che tre sono quelle cose, le quali si devono principalmente osservare da tutti i Cavalieri dell’ Ordine della nostra Milizia, e ciò sono Carità, Castità Coniugale, e Ubbidienza ; la Carità è sovvenire al Prossimo ; la Castità, o veramente Pudicizia, è non conoscere carnalmente altra donna che la propria moglie la quale possa prendere il Cavaliere secondo gli ordini della S. Chiesa Cattolica, tanto vergine come vedova, e passare (1) Motuproprio Sovrano in data 24 aprile 1565. )( 34 X