degnasse di partecipare insieme con quella spagnola a siffatta azione navale. Pei nostri fu una questione d’onore ed è inutile dire con quale slancio, con quanto “ impeto „ si gettassero aneli’ essi all’ assalto di quella fortezza che ridussero ad un cumulo di macerie non senza riportare armi e trofei di conquista. Quanto diversi, dunque, correvano ormai i tempi, in confronto di quelli di una volta ! f| E nel 1565, avendo P armata turca tentato d’impadronirsi dell’ isola di Malta, di quel nuovo baluardo eretto in un punto strategico del Mediterraneo dai Cavalieri di San Giovanni dopo la perdita di Rodi, il granduca Cosimo I rinforzò P armata degli alleati con una poderosa squadra toscana sulle navi della quale presero imbarco i più esperti e i più audaci Cavalieri Stefaniani (1). I quali validamente concorsero a disorientare il nemico ed a porlo in fuga dopo un’ accanita resistenza. || “ Oltre le dieci galere capitolate col Re di Spagna — scrive R. Galluzzi nella sua Istoria del granducato di Toscana — ne unì all’ armata di Don Garzia di Toledo altre due. Chiappino Vitelli, Gran Contestabile dell’ Ordine di Santo Stefano, e molti Cavalieri con esso si portarono come volontari a servire nell’ impresa. 11 Duca era stato il Consultore del metodo da tenersi per introdurre in Malta il soccorso senza impegnarsi con P intiera armata dei Turchi troppo superiore a quella di Spagna. Il soccorso di Don Garzia fu la salute dell’ Isola e la resistenza fatta ad un assedio così vigoroso è una delle maggiori (1) Mentre la squadra toscana, al comando del generale Iacopo d’Appiano stava ancorata nella darsena di Livorno attendendo f’ arrivo defl’armata spagnola per congiungersi con tei, il comandante volle da solo esplorare le acque dell’Arcipelago Toscano, e, incontratosi con una galeotta turca, le dette la caccia catturandola dopo un aspro, sanguinoso combattimento (A. S. F. ; Settimanni Fr., Ms. cit., c. 313 r.). X 94, X