7' tino, onde vedete eli’eravamo propriamente capitati all’ albergo della farsa della Scommessa, ov’ era di tutto un poco, tranne quello clic si domandava, e la buona disposizion del padrone. E però fummo contenti d’ un po’ di vin di Bra-ganze sotto il fìnto nome di Cipro: io poi presi un certo beveraggio, che al colore si poteva benissimo scambiare pel cioccolatte. Del rimanente chi aveva a prevedere che anche a quell’ora si avesse a mangiare o capilasse una condotta di passeggeri affamati? La padrona del caffè a-veva ragione, e pensò forse che ad appagar chi arrivava dopo dieci ore di carrozza, bastasse il poter dire: io la vidi. Il nostro buon appetito non era sua colpa. Ad ogni modo se questa modica e parca cena non valse a satollar la fame, servi almeno ad acuire gli spiriti e gl’ ingegni della diligenza. Fino a Montebello fu una continua battaglia di bei motti, di frizzi, d’ironie, di facezie. Uno all’altro chiedeva se quelle pernici gli aggrava-van lo stomaco, se il marzapane di quelle ciambelle gli era rimasto fra’ denti, ed altre simili sottili arguzie, che voi di leggieri v’immaginerete se mai vi siete trovato in simili frangenti. Io le so per parte del professore mio amica, che ine le narrò poscia, e ne fu sì tocco e avvivato, che ne perdette perfino l’ordinario suo sonno.