550 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo X. minazione fisica. Essi desideravano una definizione ecclesiastica su questa, e sul modo come essa fosse conciliabile colle massime della fede e col Concilio di Trento; schiarito questo punto, tutto il resto, come essi credevano, non poteva presentare più delle difficoltà. Ma i Domenicani cercarono appunto per quanto era in loro, di evitare l’esame di questo punto sensibilissimo intorno al quale non regnava nemmeno nel loro Ordine un pieno accordo. Essi consideravano la predeterminazione fisica come un domma, che assolutamente non andava messo in dubbio; pertanto tutta la discussione, secondo essi, avrebbe dovuto svolgersi intorno al libro di Molina e non limitandosi solo alla dottrina intorno alla conciliabilità della grazia con la libertà, ma rivolgendosi a tutte le. tesi da lui sostenute. Questa diversa posizione dei due Oi’dini riguardo alla predeterminazione fisica decide di tutto l’andamento della lotta con tutte le sue vicende. Dopo che Clemente Vili ebbe portato la disputa della grazia a Roma, era naturale che tanto i Domenicani quanto i Gesuiti mandassero un rappresentante alla Città Eterna, il quale, occorrendo, prendesse la parola per il suo Ordine. Il Generale dei Gesuiti pensò di far venire Molina stesso a Roma; ma questi rispose ad un invito del 16 febbraio 1595 con delle scuse, che Aquaviva dovette riconoscere per giuste. Anche Bañes si era scusato con la sua età; ma invece del vecchio maestro nel novembre 1596 giunse in Roma il suo discepolo Diego Àlvarez, giovane di gran talento, che non rimase certo ozioso.1 Dopo aver per lunghe giornate esaminato la cosa col cardinal Michele Bonelli, protettore dell’Ordine, e con altri amici, presentò egli nel giugno 1597 un memoriale al papa,2 destinato non solo ad affrettare l’inizio delle discussioni, ma pure a incanalare tutta la questione in una corrente domenicana.3 Quando nel 1594 Aldobrandini trasferì la discussione a Roma,4 nella sua lettera non si parlò affatto di Molina; si trattava piuttosto di una questione dommatica, la cui decisione veniva sottratta all’inquisizione e riservata al papa, della questione cioè, in che cosa consista l’efficacia della grazia. Àlvarez al contrario si presenta nel suo memoriale come accusatore di Molina; che i libri di Molina dovevano formare il centro della discussione, che essi andavano esaminati e condannati, e che l’esame non doveva limitarsi alla questione principale, sulla quale esistevano differenze d’opinione tra Gesuiti e Domenicani, ma che doveva estendersi a tutto il 1 Astràin, 245 s. 2 Stampato presso Serry, 149. 3 Astràin, 245 s. 4 Vedi sopra p. 545.