Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo II. bero effettuate già prima dell’assoluzione, rispose Clemente, che per tutte non era possibile.1 Come il papa, così neanche gli inviati francesi avevano potuto ottenere tutto ciò che ambivano in principio, specialmente riguardo alla semplice conferma pontificia dell’assoluzione pronunciata dai vescovi francesi. Clemente Vili rimase inflessibile su questo punto e con ragione. Se era valida l’assoluzione dei vescovi, allora era inutile la conferma pontificia. Clemente Vili però possedeva abbastanza ragionevolezza per riconoscere, che i vescovi francesi nel loro atto illegale si basavano su ragioni teologiche, che potevano avere un’apparenza di diritto, special-mente agli occhi di Enrico, inesperto di tali questioni. Per ciò doveva venir detto nella bolla d’assoluzione che: sebbene l’assoluzione vescovile fosse stata impartita festinantius et minus vite ac recte, pure il papa se ne era rallegrato in quanto da essa avrebbe potuto risultare la bramata conversione. Anche la maniera, in cui fu scritta la stessa formula di assoluzione, dimostra un severo mantenimento dei principi fondamentali, congiunto a tutto il riguardo possibile verso il penitente. Ivi l’assoluzione vescovile viene dichiarata nulla, invalida e illegale, e viene espressamente annullata, ma nello stesso tempo viene dichiarato, che gli atti in sè cattolici e religiosi, che furono intrapresi in seguito a quell’assoluzione, e che non potevano essere eseguiti che da un’assolto, venivano approvati e riguardati per altrettanto validi, come se Enrico fosse stato assolto dallo stesso papa.2 Se Clemente Vili stesso si al tenne severamente alle prescrizioni ecclesiastiche riguardo all’assoluzione, nella questione della riabilitazione alla dignità regale al contrario, applicò una prudente indulgenza. Egli rinunziò ad un’espressa menzione di questo punto, come pure alla dichiarazione che Enrico, in caso d’una ricaduta, dovrebbe perdere la corona. Di fronte all’invincibile opposizione dei rappresentanti francesi, si dovettero pur lasciar cadere3 altre clausole richieste in principio, come il riconoscimento delle nomine fatte da Mayenne, l’accettazione incondizionata dei decreti tri-dentini e la sospensione dell’esilio inflitto ai Gesuiti. La Santa Sede, come già tant’altre volte, si contentò del raggiungibile. Ma questo 1 Vedi nell’Appendice Nr. 35 * Acta eonsist., Cod. Barb. XXXVI 5 III, Biblioteca Vaticana; Niccolini presso Desjardins V 260; Partita, Dispacci III, 274 s.; * Relazione di Lelio Arrigoni del 2 settembre 1595, Archivio Gonzaga in Mantova. 2 Vedi Bull. X 305, 307 s. 3 Cfr. 1. de la Brière nelle Études CI, 182. Secondo Iuvencius (Hist. Soc. Jesu P. \, 1, 12, n. 39) lo stesso generale dei Gesuiti, Aquaviva, non voleva, die per la richiesta del ristabilimento del suo Ordine, fosse ritardato il ritorno della pace in Francia.