450 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo IX. dell’orgoglio, biasimò l’immischiarsi dell’Ordine in cose estranei* e nella politica, la preferenza per dottrine rare ed il censurare la dottrina altrui, inoltre che essi non calcolassero nè principi nè n nè imperatore, che essi discutessero se il papa aveva o no il diritto per la tale o tal cosa, che essi disprezzassero il monachiSmo e che ritenessero la loro costituzione così perfetta ed inalterabile da non esserci nulla da migliorare; essi essere di opinione di non aver bisogno nè di visite, nè di riforma. Egli disse tutto ciò molto seriamente ma anche in modo del tutto affabile, e chiuse coll’ammonimento di pensare ad una riparazione, altrimenti interverrebbe egli stesso.1 Quest’allocuzione, con la sua enumerazione di difetti, avrebbe gettato la confusione nella Congregazione. Erano già stati emanati dei decreti intorno alla differenza di dottrine ed all’adesione a s. Tommaso d’Aquino: ma quale punto della costituzione dell’Ordine poteva venir mutato, per imporre ai Gesuiti più. rispetto al re di Spagna ed agli Ordini monastici? Per quanto riguardava l’umiltà in generale, era Ignazio non meno d’ogni altro un’apostolo di questa virtù, specialmente per il suo Ordine, « l’infima » Compagnia di Gesù, come egli la chiamava sempre, scendendo con ciò ancora un grado più in giù dei frati « minori ». Fu deciso di rivolgersi allo stesso papa per l’indicazione dei punti da cambiare. Il Cardinal Toledo, che fu pregato di avanzare questa preghiera, nel suo malumore non volle prestarsi; come egli raccontò all’ambasciatore spagnuolo, aveva presentato a Clemente VIII, il giorno avanti della sua visita ai Gesuiti, un documento nel quale erano menzionati nove punti della costituzione che richiedevano un miglioramento.2 Ma al papa sembrò pure pericoloso di cambiare forzatamente la costituzione delPOrdine. L’8 gennaio egli indicò alla Congregazione quattro punti da discutersi e su cui prendere una libera decisione.3 L’accettazione dei due primi punti non incontro nessuna difficoltà: essi riguardavano la sola durata di tre anni dei superiori nel loro ufficio, e il resoconto che il provinciale dovrebbe presentare dopo decorsi gli anni di suo ufficio. Il terzo punto, l’accettazione della riserva pontificia di alcuni peccati, era naturale.4 Solo la quarta proposta, di accordare all’assistente degenerale in alcune cose il diritto di decidere, urtò contro difficolta. Con tutti i voti, cinque eccettuati, giudicò l’assemblea la restrizione del potere supremo per inopportuna. 1 Astrain III 597 s. 2 Ibid. 599. 3 Decr. 64, nell'Instit. Soc. Jesu II 284; Astràin III 600. 4 II 26 maggio 1593 Clemente Vili stesso aveva dispensato a voce ì ” suiti dal suo decreto intorno ai casi riservati. Ora dunque doveva venire la dispensa. Synopsis 155.