Clemente Vili e la Congregazione generale dei Gesuiti. 449 ragione » avevano gettato addosso all’Ordine. È vero che i loro memoriali portavano la seguente frase: « Così chiede tutta la Compagnia di Gesù », ma in realtà essi non erano che pochi di numero, c figli reprobi, essi dovranno quanto prima venir staccati dal-TOrdine come una « peste », e ove questo non sia possibile, dovranno essi, sotto pena dell’espulsione, prestare giuramento all’istituto della Compagnia di Gesù ed alle bolle pontificie di conferma. Ognuno che venisse a conoscenza delle loro mene, dovrà farne denunzia. Si dovrà chiedere al papa una nuova conferma dell’istituto.1 Queste ultime parole dimostrano che l’assemblea si sentiva sicura del papa. Essa dovette tosto restare delusa. Clemente Vili, quanto il suo consigliere Toledo e il duca di Sessa, dovettero meravigliarsi, che nonostante i numerosi memoriali su la divisione nell’Ordine, i rappresentanti di questo si rivolgessero come un sol uomo contro quel pugno d’innovatori, e si dichiarassero senza riguardi per la costituzione di Loyola.2 A Clemente Vili potè sembrare una specie di puntiglio, che non si volesse mutare nulla. L'ambasciatore spagnuolo non potè ugualmente esser soddisfatto, al veder che le esortazioni del suo re non avevano avuto altro risultato che di aggiungere al decreto contro gli innovatori un secondo, il quale ordinava di illuminare meglio il re intorno alla situazione.8 Toledo poi si era atteso che l’adunanza si fosse rivolta a lui, il grande scienziato, per frequenti consigli, e si stizzò allorché fu semplicemente sorvolato. Dopo che un nuovo decreto ebbe fissato, il 3 gennaio 1594, quale fossero i punti essenziali della costituzione dell’Ordine, inviò il duca di Sessa, un uomo di •■¡uà fiducia, da Toledo. Il cardinale si lamentò, che con la Congregazione non poteva andar peggio, che le richieste spagnuole erano giuste, che una prova dei cattivi sentimenti dei convenuti era che, malgrado l’ordine del papa, non gli avessero chiesto alcun coniglio, e che del sovrano di Spagna essi avessero parlato come d’un semplice scudiere. Il papa però vi avrebbe messo riparo, 1 indomani stesso. il 4 gennaio, di buon mattino, Clemente VIII si recò con sei «ordinali nel professato dei Gesuiti, celebrò ivi con raccoglimento a messa e tenne poi un’allocuzione ai padri riuniti.4 Egli rilevò dapprima i grandi meriti dell’Ordine, ma appunto questi dovreb->ero essere un’invito all’umiltà. Dopo aver parlato dell’umiltà e Decr. 54, nell’Ingtit. Soc. Jesu II 279. •Astrain III 595. | Decr. 55 ibid. 281. i Copia a 8tampa presso J. Wiblewicki S. J., Diarium, domus professae '“eoviensis. Script, rer. Pol. VII, Craoovia 1881, 180-183. Pi’TOR, Storia dei Papi, XI. 29