132 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo III inoltre di erigere dei collegi in Lione, Dijon e la Flèche, però sotto una serie di condizioni e di restrizioni. Le più importanti di queste erano: tutti i Gesuiti occupati in Francia dovevano essere francesi di nascita; la fondazione di nuovi collegi è sottoposta ad un espresso permesso del re; senza il consenso del vescovo competente, i Ge-siùti non possono esercitare fuori dei loro istituti alcuna azione di ministero, e dovranno impegnarsi con giuramento a non intraprendere nulla contro gli interessi del re e contro la pace del regno. Come garanzia di ciò, dovrà essere sempre alla corte del re un Gesuita, sotto il titolo di predicatore aulico. Alcune delle condizioni di Enrico IV erano così dure che il generale dei Gesuiti, Aquaviva, espresse il suo malcontento di averle accettate. Di fronte a ciò Coton ed il nunzio Buffalo fecero rilevare, che i sentimenti di Enrico IV permettevano di sperare con certezza l’annullamento di queste condizioni. Tale opinione fu ondivisa pure da Clemente Vili.1 L’ulteriore sviluppo degli eventi diede ragione. Maffeo Barberini, nella sua istruzione, fu esortato a lavorare perchè fossero rimosse le condizioni che restringevano l’operosità dei Gesuiti, ed acciocché venisse tolta la colonna infamante, eretta in Parigi contro l’Ordine. Già nel febbraio 1605 otteneva il nunzio che Enrico IV facesse abbattere quella memoria.2 Sebbene l’editto di Rouen non dicesse nulla sul ritorno dei Gesuiti in Parigi, pure nel 1606 ottennero essi il permesso di riaprire ivi il loro collegio; solo l’esercizio dell’insegnamento fu rimandato ad un tempo più opportuno.3 La celebre risposta alle lagnanze del Parlamento di Parigi4 dimostra quanto l’arguto Enrico IV si elevasse al di sopra dei consueti pregiudizi locali, e con quale perspicacia di statista e di politico del realismo abbia riconosciuto l’utilità dei Gesu’ti per ii suo regno: « Come potete voi, » così esponeva il re, « accusare d’ambizione degli uomini, i quali rinunziano agli onori e alle prebende che vengono loro offerte, che anzi fanno il voto a Dio di non accettarle mai, e che non chiedono altro sulla terra, che di poter, senza ricompensa, servire coloro che vogliono valersi dei loro servizi ? Se il nome Gesuita vi sembra troppo pretenzioso, perchè non biasimate quelli che si chiamano i fratelli della Santissima Trinità 1 Per quanto riguarda la mia persona, io mi chiamerei 1 Vedi Fouqueray II 662. 2 Vedi Litt. ann. Soc. Iesu 1605, 517; Iuvencius V, 2, 73. Cfr. Nicoletti, * Vita di Urbano Vili tom. I, 1. 1, c. 12, nel Barb. LI 16, Biblioteca Vaticana; Prat II 344 s. 3 Prat II 462 s. 4 Intorno alla autenticità del discorso, a torto messa in dubbio v, Duhe, Jesuiteìifabeln3 767 s. e Fouqtjeray II 676. Cfr. anche De Meaux, Luttes relig. 365 s.