Sforzi del papa per regolare la questione della successione. 289 re romano andava quasi in obblio.1 Il nunzio, Giovanni Stefano Peneri, si mantenne per ora in aspettativa di fronte a questa delirata questione. Alla fine del luglio 1604, egli veniva invitato da San Clemente, ambasciatore spagnuolo in Praga, ad un consiglio, ¡d quale parteciparono pure il rappresentante di Ernesto di Baviera, elettore di Colonia, ed il confessore dell’imperatore, Giovanni Pistorio. Tutti i menzionati erano d’accordo, che avverrebbe una catastrofe se la successione non fosse regolata vivente ancora l'imperatore. San Clemente sostenne l’opinione, che gli elettori ecclesiastici dovrebbero prendere l’iniziativa; uno dei tre elettori ecclesiastici dovrebbe recarsi in Sassonia e poi in nome di questi esporre la cosa a Rodolfo. L’ambasciatore di Colonia acconsentì, ma dichiarò poi essere l’elettore di Magonza l’oratore più adatto, esprìmendo però il timore che ciò fosse per offender troppo l’imperatore, siccome Rodolfo sarebbe più che mai disposto a spiegarsi con l’inviato di Sassonia più che con altri su la questione della successione, così sarebbe meglio attendere ciò che Sua Maestà vorrà fare da sè. San Clemente ribattè che l’imperatore non faceva che tenerli a bada. L’inviato di Colonia osservò, che gli elettori avrebbero dovuto avere un pretesto per il loro passo, per esempio un ordine dei principi più riguardevoli della Germania. Pistorio consigliava che contemporaneamente intervenissero i fratelli dell’imperatore, ma che i principi dovrebbero venir istigati dal papa; tra gli elettori quello di Colonia era il predestinato per mettersi a capo: soltanto non doveva egli agire da solo, ma in base d’nna decisione colmine. A questo modo di vedere si associò San Clemente. Solo allora Ferreri, che finora aveva ascoltato tacendo, espresse il suo parere. Egli assicurò che nessun’altra preoccupazione angustiava talmente sul papa, come quella della successione all’impero, poiché da questa dipendeva la decisione se la Germania rimarrebbe colla Chiesa cattolica o andrebbe perduta. Che però Sua Santità aveva fatto già così spesso delle rimostranze •lirette e indirette, ma sempre infruttuose, che non ostante conoscesse poco il timore verso gli uomini, pure si troverebbe ora difficilmente disposto ad emanare ai vescovi di maggiore importanza ed ai principi dell’impero dei brevi, correndo il rischio 'li perdere la fiducia dell’imperatore, della quale egli aveva ’'¡sogno in questo affare come in quello dei Paesi Bassi ed in altri. Ciò nonostante il nunzio non mancherebbe di riferire al papa ' mesta deliberazione. Allora tutti gli altri dichiararono concordi 1 ie sarebbe bastato che il papa scrivesse a sei vescovi, ai fratelli '' 'imperatore ed al duca della Baviera; questi dovrebbe poi "f irare gli elettori, senza tradire in nulla l’iniziativa pontifìcia, 'odi Meyer, Nuntiaturberichte 38. Pastor. Storia dei Papi. XI. 19