574 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo X. papa di non illudersi, e di non credere che, non essendo teologo potesse penetrare con i propri studi in una questione così oscura.1 Alla fine del 1601 o al principio del 1602 Bellarmino diresse una lettera a Clemente Vili,2 nella quale lo informa intorno a Pelagio e rivolge poi al papa la preghiera, che voglia quanto prima liberare la Chiesa dallo scandalo della disputa sulla grazia, ristabilire l’unità, e togliere agli eretici l’occasione di rallegrarsi della discordia dei cattolici. « E se mi è lecito dire in una questione di tale importanza ciò che io penso come cardinale nominato da V. Santità, e come servo fedele, allora la prego di voler considerare che la via che fu scelta si è dimostrata molto lunga e molto faticosa per V. Santità ». La retta via non è quella delle discussioni segrete con solo poche persone, ma quella delle pubbliche discussioni, e nascerebbe scandalo, qualora venisse presa una decisione senza pubblica discussione. Che se una discussione pubblica in un sinodo di vescovi, o almeno in una adunanza di dottori delle diverse università, non può evitarsi, si cerchi di convocarla ancor prima che il papa abbia letto tutto ciò che egli intendeva di leggere. I papi precedenti, in decisioni dommatiche, non si erano basati principalmente sul proprio studio dei dommi, ma sulla convinzione generale della Chiesa e specialmente dei vescovi e dei dottori; in questo modo senza fatica personale, era stato condannato, p. es., da Leone X, Lutero; da Paolo III, Giulio III, Pio IV, molti errori coll’aiuto del Concilio di Trento. L’altra via, quella dello studio scientifico fu tentata p. es., da Giovanni XXII, ma s jnza risultato e « V. Santità avrà ancora presente il pericolo al quale Sisto V aveva esposto se stesso e tutta la Chiesa, allorché egli volle correggere secondo la sua propria opinione la Sacra Scrittura; io non so se essa abbia mai corso un pericolo maggiore ». Si danno due vie per far cessare la disputa sulla grazia: o imponendo ad ambo le parti il silenzio, oppure convocando anche un sinodo di vescovi o di eletti scienziati di tutte le università cattoliche. Ma Bellarmino chiedeva anzitutto che si chiudesse, sino al giudizio definitivo, la bocca a coloro, che vanno spargendo che il papa si è già formata una convinzione, che egli tendeva verso una delle parti e sentiva malvolentieri quella opposta, poiché altrimenti non oserebbe più nessuno esternare la sua propria opinione. Bellarmino stette per molto tempo in alta considerazione 1 « Ipse tarnen N. saepe admonuit Pontificem, ut caverei fraudem, non putaret, se studio proprio, cum theologus non esset, posse ad intelligontiain rei obscurissimae pervenire ». Autobiografia, 465. 2 Testo originale presso Le Bachelet, Auctarium, 143-147 e DÖllingek. Beiträge, III 83-87; Estratto presso Serry 271-273; Lämmer, Meletemata, 3