VENOSTA E I PATRIOTTI MONTENEGRINI 135 casa era sempre aperta, e anche il vescovo Ilarione li ospitava sovente nel vecchio monastero, cosa che dava terribilmente sui nervi al colonnello Thommel. Eppure, malgrado questo entusiasmo dell’Ita- lia per gli oppressi, in quell’ epoca l’Italia ufficiale manifestava verso di loro la più suprema indif- ferenza. Indarno il generale Garibaldi cercava di scuotere il governo ; indarno il figlio suo Menotti si recava al Ministero degli esteri a domandare che chiudessero un occhio se qualcuno di loro mandava delle armi al Montenegro o agli insorti erzegovesi. Altro che chiudere un occhio! Furono invece dati gli ordini perchè si vigilasse, tanta era la timidità che presiedeva alla Consulta, dove se- deva allora il Visconti-Venosta, ora esumato dall’ on. di Rudinì. E pare oggi una ironia che egli debba essere, se non più il notaio della Corona, perchè un de- creto ha modificato la disposizione che dava al ministro degli esteri questo incarico, uno dei mi- nistri del gabinetto sotto il quale avverranno le nozze di un principe di casa Savoia con una prin- cipessa Petrovich. Pare un’ ironia che proprio il Visconti Veno- sta debba essere al governo in questa occasione nella quale si suggellano così solennemente le simpatie dei due popoli, il Visconti-Venosta che