622 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo XI. Ciò fu tanto più doloroso per Clemente Vili, in quanto egli faceva del tutto per accrescere il benessere del suo popolo. La più parte però di ciò ch’egli fece a questo riguardo è stato scordato o non fu registrato.1 Ma con tutto ciò si sa, che egli si interessò fin dai primi anni del suo governo, come già Sisto V, per dar nuova vita all’industria della seta.2 Egli si occupò del miglioramento dei porti di Terracina e di Civitavecchia.3 Se malgrado questi ed altri sforzi lodevoli, non si potè impedire la decadenza dello Stato pontificio, non dipese solo dalle ripetute raccolte cattive, dalla carestia, dal flagello dei banditi e dalla pressione delle imposte,* ma vi si aggiunsero ancora altri fattori, i quali fa rilevare chiaramente l’ambasciatore veneto, Parata. Le provincie dello Stato della Chiesa venivano governate in parte da legati, in parte da presidenti ; le città più grandi da governatori, e le più piccole da podestà. Una volta i posti di presidenti e governatori erano accessibili anche a dei laici; così il padre di Clemente Vili aveva rivestito la carica di governatore di Fano. Ma pian piano, specialmente all’epoca di Sisto V, sparirono i laici talmente dalle amministrazioni, che non se ne trovarono più che nelle cariche di podestà; tutti gli altri posti vennero solo concessi a degli ecclesiastici, nelle cui mani pervenne l’intera amministrazione giuridica, finanziaria e politica.5 Ma quanto doveva riuscir difficile, anche con la migliore volontà, a coloro che erano stati educati per fini ecclesiastici l’orientarsi negli affari che erano del tutto estranei alla loro vocazione! I compiti di carattere misto dell’amministrazione portarono seco anche lo svantaggio, che si aprì un profondo abisso fra il laicato ed il clero, e che i laici furono animati contro gli ecclesiastici d’una gelosia che spesso degenerava in una decisa avversione. Parata riferisce di aver spesso osservato, e non senza stupore e disgusto, che persino dei prelati che conducevano una 'Del progetto di stabilire una moneta unica per tutta l’Italia riferisco Donato 1592, presso Baschet 208. La constituzione dell’ll luglio 1595: « Of-fìcinae omnes monetariae status ecclesiastici, Romana excopta, supprimantur », nel Bull. X 202 s. Intorno alle monete di Clemente VIII vedi Batjmgarten, New Eunde 34; Serafini I 106 s.; Martinori 7 ss. Ibid. 35 ss. anche intorno alle medaglie di Clemente Vili. Intorno ai provvedimenti per tenere lontana la peste dallo Stato Pontifìcio vedi * Editti V 61, Archivio segreto pontificio.} , . 2 Vedi il Bando del 30 ottobre 1592 presso Cupis 211 e 1’ * Avviso > e 14 novembre 1592: « N. S. per introduttione dell’arte della seta in Rom.i •> benefìcio della povertà vuole, che in ogni rubbio di terra di questo stato si sementi un arbore Celso o Moro sotto pena 10 se. „a transgressori, et < " non si possino estrahere sete da questo ». TJrb. 1066 II, Biblioteca a tic a"n a. 3 Cfr. più sotto p. 674 s. 4 Cfr. Paruta, Relazione 394. 8 Vedi ibid. 419 s. Cfr. Retjmont III 2, 587 s.