Clemente Vili e l’editto di Nantes. 121 il papa chiamò in udienza, il 17 marzo, i cardinali Joyeuse e d’Ossat, quali rappresentanti di Francia. Dimostrando Clemente Vili più dolore ed inquietudine che non irritazione, enumerò le concessioni accordate agli Ugonotti, che sarebbero state fatte in un tempo di pace sia interna che esterna, cosicché il re non ne aveva avuto la minima necessità. Per la libertà di coscienza, che l’editto accordava ad ognuno, i Calvinisti penetrerebbero negli uffici governativi e nei parlamenti, divulgherebbero i loro errori ed ostacolerebbero tutti gli ordinamenti cattolici. Clemente Vili fece un paragone tra l’impegno del re di Francia nel difendere l’editto di Nantes di fronte alla resistenza del clero e del parlamento, e il suo freddo riserbo allorché si parlava dell’introduzione «lei decreti del Concilio di Trento. Che figura faceva ora egli, papa, dinnanzi al mondo, dopo che egli, nonostante l’opposizione del re più grande e più potente, aveva assolto Enrico IV? Ma egli potrebbe anche fare un salto in dietro, per compiere un’azione contraria.1 I due cardinali spiegarono tutta la loro eloquenza, per tranquillizzare il papa e per difendere il loro re. Anche Enrico, così esposero essi abilmente, mirava al ritorno dei suoi sudditi alla religione cattolica, ma questo non poteva farsi che gradatamente, e navigando come fa l’abile timoniere che mira sempre al porto, benché non gli sia possibile raggiungerlo in linea retta. Il re non avrebbe mai voluto offendere i diritti della Chiesa; le sue intenzioni miravano solo al mantenimento della pace nel suo regno, col qual mezzo soltanto sarebbe stato possibile di ristabilirvi la posizione della Chiesa cattolica. Che l’editto gli era stato estorto dall’atteggiamento minaccioso degli Ugonotti, durante l’invasione spaglinola. Allorché il papa nel corso della discussione venne a parlare della pubblicazione dei decreti tridentini di riforma, d’Ossat e Joyeuse assicurarono che il loro re ne aveva la miglior intensione, che però per il momento la soluzione della questione non '■ra ancora possibile.2 Nell’avvenire si manifestò sempre più chiaramente che Clemente Vili, come già Pio V in una simile situazione, reclamava un deciso appoggio agli sforzi di restaurazione cattolica in Francia, quale contrappeso ai pericoli dell’editto ‘li Nantes. Per tranquillizzare il papa, promise Enrico IV di collaborarvi. Così nella risposta ch’egli dette il 6 novembre 1599 alle lagnanze di Clemente Vili. In essa diceva che le sue intenzioni ed il suo contegno erano stati falsati da coloro, che si lasciavano guidare più da interessi privati che da quelli religiosi. Egli 1 Vedi Lettres d’Ossat II 44 s. 2 Vedi ibid. 46 s.