570 Clemente Vili. 1592-1605. Capitolo X. di quella di questo papa non ho giammai nulla letto nè visto, nè inteso dire Clemente Vili è stato sempre, è e sarà sempre un vero rappresentante di Cristo e successore del Principe degli Apostoli » Disse esser questo per lui un domma, averlo sempre insegnato così e ritenere il contrario per eresia ed audace impudenza.1 Allora prese la parola il connestabile e rilevò, che tali asserzioni erano superflue, poiché nessuno dei presenti aveva messo in dubbio l’autorità del papa. Bañes rispose che questo era vero, ma che era necessario consolidare questi buoni sentimenti, e che se qualcuno sostenesse il contrario, doveva esser chiaro a tutti, che per cotesti vi erano sempre dei giudici in Spagna, per arderli come eretici. Bañes scrisse poi al papa, d’aver estirpato colla sua disputa un pericoloso errore, il quale, per la fama dei suoi propagatori avrebbe potuto divulgarsi per tutto il mondo, ed egli pregò allo stesso tempo di voler decidere la disputa sulla grazia con una sentenza pontificia.2 Anche il Mercedario Zumel tenne una simile disputa come il suo vecchio amico Bañes, e scrisse intorno ad essa a Eoma, e ricevette, secondo l’usanza della Curia, ugualmente una risposta con degli elogi come lo stesso Bañes.3 Ora i Gesuiti naturalmente non potevano rimanere indietro. Anch’essi prepararono il 10 luglio 1602 la loro disputa in Yalladolid, nella quale cercarono di dare una soddisfazione al papa offeso; essi lo poterono fare tanto più facilmente, in quanto forse la maggior parte di loro non dividevano le opinioni dei loro confratelli di Alcalá. Essi si permisero però, senza nominare Bañes, di dire in una delle tesi da loro sostenuta, che la tesi difesa recentemente da un teologo domenicano non era del tutto soddisfacente.4 Il nunzio, iljquale del resto non era teologo, nè conosceva bastantemente lo stato della questione, riferì a Eoma anche intorno alla disputa dei Gesuiti, ma con espressioni abbastanza fredde. Al contrario sostenne egli con grande zelo, presso l’inquisizione, la condanna dei colpevoli di Alcalá. Il tribunale della fede si trovò quindi in grande imbarazzo; comprendeva ¡benissimo che non esistevano ragioni per una condanna, ma dall’altro lato si doveva tener conto dell’irritazione del papa e delle pressioni del nunzio. Nel settembre del 1602 finalmente, fu pronunciata la sentenza, la quale non venne però pubblicata che nell’estate del 1603.6 Essa stabiliva l’assoluzione; solo si doveva fare un’esortazione agli accusati ed un’ammonizione, 1 Ginnasio presso Astràin ibid. 2 Ibid. 325; SCORRAILLE I, 440. 8 Astràin 325 s. Il Breve del 10 marzo 1603 presso Sebey 287. 4 Astràin 326. 4 Ibid. 327 ss. 6 « Liberatoria, facta prius illis monitione seu correctione ». Astkàin •>