124 Clemente Vili. 1592—1605. Capitolo III. Questa volta sembrava che agli sforzi (lei papa sorridesse la vittoria. Nella primavera del 1600, dopo la conclusione della pace colla Savoia, Enrico IV fece comporre un editto intorno alla pubblicazione dei decreti di Trento. Egli mandò l’abbozzo a Roma a Sillery ed a d’Ossat per sentire il loro parere. Quest’ultimo espresse assolutamente la sua approvazione, poiché le clausule aggiunte all’editto non avrebbero incontrato difficoltà presso il papa. Esse erano inoltre di natura da chiudere la bocca agli avversari della pubblicazione. Checché essi dicano, proseguiva d’Ossat, i decreti del Concilio in realtà non recano pregiudizio ai diritti della corona, e meno ancora alla libertà delle singole Chiese, se pure non si vogliano considerare il concubinato, la simonia ed altri abusi come libertà della Chiesa gallicana.1 Ma alla fine il partito opposto ebbe pure la preponderanza in Parigi. Gli impiegati gallicani con a capo il presidente del parlamento, Giacomo Augusto de Thou, spiegarono un’opposizione così risoluta, e seppero tanto dire sulle conseguenze nocive e pericolose di un simile passo per gli stati, che il re lasciò cadere il suo progetto.2 In occasione di nuove pressioni del papa, Enrico IV additò la situazione estera che si era mutata ed offuscata, poiché il duca di Savoia non aveva mantenuto i patti della pace. Ma pure allorquando questo pericolo era passato, Silingardi non ricevette che belle parole e scuse, attese le calamità dei tempi.3 Evidentemente Enrico IV non temeva solo difficoltà da parte dei Gallicani, ma pure da quella degli Ugonotti.4 Come con tale rifiuto rimase inadempiuta una promessa così importante del Borbone, così pure lo fu di una seconda, che stabiliva la fondazione di un convento in ogni provincia del regno. Un compenso di questo, ed anzi abbondante, fu dato dallo zelo e dallo spirito di sacrificio dei cattolici francesi, appoggiati da Enrico. Enrico IV si era mostrato ripetutamente molto negligente nel valersi dei diritti a lui concessi dal concordato. Di fronte alle lagnanze che il clero francese fece sentire in un’assemblea del 1596, confessò egli stesso di aver fatto elezioni molto inadatte per abbazie e vescovadi, a causa della sua incompetenza. Il ristabilimento della libertà di elezione, chiesto per bocca del vescovo di 1 Vedi Lettres d’Ossat II 176. Palla vicini (Stor. del concilio di Trento 24, 10) si riferisce a questa lettera significativa. 2 Vedi De Thou, Mémoires : Collect. Michaud 1. serie, XI 272. Cfr. Martin, Gallicanisme 304 s. 3 Vedi Martin, loc. cit. 328. 1 11 re lo disse al Cardinal Aldobrandini allorquando questi al principio del 1601, trattò della pace di Lione e mise nuovamente in campo la pubblicazione dei decreti del concilio, come pure il ritorno dei Gesuiti; v. Fumi, Legazione 125 8.; Bentivoglio, Memorie 405.