I teologi dellaS.S. e di Filippo li su l’intervento della Spagna nei Conclavi. 149 solo la Chiesa, ma pure i loro popoli. 2. Per raggiungere questa mèta è permesso ai principi cattolici di esercitare l’inclusiva e l’esclusiva, ma solo a condizione che non venga incluso nessuno, che non sia degno dell’elezione, ed escluso nessuno, che sembri il più adatto per il governo della Chiesa. È dunque permesso escludere uno o più cardinali i quali, benché ritenuti abili per il governo della Chiesa, pure fossero considerati, per gravi motivi, nemici della Spagna, qualora vi siano inclusi altri, che non abbiano minore capacità degli esclusi. 3. Per accattivarsi a questo fine la volontà dei cardinali, è permesso di guadagnarli con mezzi onesti, come pensioni, concessioni di favori ed altri vantaggi, purché in questa concessione non venga fatto un contratto, ma venga lasciato ai cardinali la loro libertà nella votazione.1 Fu osservato giustamente, che per quanto poco efficaci si svolgessero queste controversie tra Madrid e Roma, pure erano della più grande portata. Esse obbligavano gli Spagnuoli a lasciare cadere l’identificazione sostenuta con tanta tenacia, dei loro scopi nazionali con quelli della Chiesa, e ad ammettere in uno sforzo, per così dire, ufficiale, che gli interessi della Chiesa dovevano precedere quelli dello stato.2 Questo punto di vista trovò la sua espressione più chiara anche nella questione francese riguardo alla quale Filippo II pretendeva che la Santa Sede, per favorire le sue mire puramente terrene, lasciasse che in Francia si venisse ad uno scisma. Clemente Vili, col non volersi prestare a ciò, e concedendo finalmente ad Enrico l’assoluzione ripetutamente chiesta, fece il passo decisivo per la liberazione della Santa Sede dal giogo spagnuolo. Nella gioia colla quale la Curia salutò questa decisione, si manifestò3 chiaramente la soddisfazione per la fine della schiavitù spagnuola, sopportata già da lungo tempo con sdegno. La sconfitta degli Spagnuoli fu ancora più completa per il tatto, che essi non osarono effettuare le loro molteplici e violenti minaccio. Sessa ed il suo partito non intrapresero nessun passo decisivo in Roma, come nemmeno lo stesso Filippo II.4 « Sebbene l’assoluzione d’Enrico », riferiva l’ambasciatore veneto di Madrid, Francesco Vendramin, « abbia straordinariamente commosso e scosso l’animo del re, pure egli non dà a conoscere nulla di questa offesa.5 Anche Clemente VIII fu abbastanza prudente, di non venire 1 ^ edi Gindelt, Papstwahlen 259. 2 Vedi Herre 641. 3 Cfr. la Relazione di Niccolini presso Desjardins V 254, 276 s. 4 Ibid. V 279. 5 Vedi Alberi I 5, 466.